sabato 21 novembre 2009

"Citate, citate...qualcosa resterà". Già, ma chi l'ha detto?

Una caratteristica fondante delle riviste d'enigmistica, come tutti sanno, è quella di presentare, in ogni numero, una certa quantità di aforismi, citazioni e motti pronunziati da personaggi famosi della letteratura, della storia, della scienza, della cultura in genere.
Il perchè di questa operazione costituisce a sua volta un enigma, e, del resto, di riviste che campano sui rompicapi stiamo parlando, perchè smentirsi?
Queste citazioni, questi aforismi, seppur attribuiti ad individui diversissimi fra loro, appartenenti a culture di periodo storico e ambito sociale diversi, hanno due peculiarità in comune, riscontrabili in tutte:
1-sono attribuite sì a personaggi storici famosi, ma spesso e volentieri non i PIU' famosi. Voglio dire, ho una rivista sottomano: vi compaiono Shakespeare e De Crescenzo, ma anche Alphonse Allais e Erich Maria Remarque...a me dicono qualcosa (comunque poco), ma per il volgo (e sappiamo che i maggiori acquirenti delle riviste d'enigmistica sono le casalinghe annoiate, i pensionati che vanno al mare e quelli che, come me, si credono colti ma non lo sono per nulla) questi nomi dicono nulla.
2-tali citazioni, di solito, dicono cose banalissime, di un'ovvietà sconcertante; oppure dicono cose che appaiono senza senso ma portatrici comunque di un significato recondito, ma che, nella realtà, sono effettivamente senza senso. Traggo sempre dalla rivista di prima. Laurence Durrell (chi??) sentenzia:"Le migliori lettere d'amore di una donna sono quelle scritte all'uomo che lei tradisce". Lapalissiano. Thomas Paine fa di peggio:"Noi stimiamo poco le cose che otteniamo a basso prezzo:è soltanto l'avere un prezzo elevato che dà ad ogni cosa il suo valore". Paine ci dice, in soldoni, che ciò che è caro lo è perchè è caro. Ma che caro. Sentite Goethe:"Quando si sa mettere a frutto un buon consiglio è come se si sapesse far da sè". Sembra una frase di quelle storiche, tipo "I have a dream". Ma, se si ragiona, si capisce che l'alemanno dice una castroneria: se io ho avuto bisogno di un consiglio è perchè da solo quella tal cosa non sarei mai riuscito a farla. Quindi la frase perde di senso, anzi non lo ha per nulla.

Insomma, questi sono esempi, ma se sulle riviste d'enigmistica non leggete solo le vignette, vi renderete conto che gli aforismi son tutti così. Ragion per cui se ne può trarre una sola deduzione: che chiunque dica delle cose può ambire ad apparire su una di queste riviste. Ecco il motivo che mi ha spinto a dire delle cose, sì che nel 2044, sul n°15332 della Settimana Enigmistica, possano finalmente comparire le mie argute osservazioni. Ve ne presento alcune, certo che i posteri ringrazieranno l'iniziativa.

"Quando una cosa va male, è bene pensare che possa solo migliorare, tenendo presente che potrebbe anche andare peggio."

"Quando piove ci si bagna, a meno di non avere con sè un ombrello. In quel caso, sarà l'ombrello a bagnarsi."

"Quando, dopo aver passato 3 ore a scrivere al computer, ci si accorge di non aver salvato il file, restano solo due cose da fare: o si insulta Dio, o si insulta con colui che ha creato Linux. In ogni caso si insulta un Signore."

"I treni sono chiamati 'cavalli di ferro' perchè, come un tempo le diligenze trainate dai chiomati equini, si sfasciano sempre lungo il tragitto."

"Chi vota Berlusconi lo fa per un conflitto d'interessi."

"Il comunismo è morto, la destra non è mai nata, al centro c'è il nulla. Ma allora, noi per chi ci scanniamo?"

"Se tte sposi per sette fratelli, nun fai prima a sposatte direttamente loro, invece de la sorella?"

"Un bianco campo aravo, un bianco versorio tenevo, un seme afroamericano vi seminavo"

"Non è che non ci siano più le mezze stagioni, è che esse non sono altro che quelle intere divise a metà."

"Eppure sono sicuro che nel far west il digitale terrestre non si prendeva ancora."

"Il destro scrive con la destra, e quindi è fascista. Il sinistro è spaventoso, e si infortuna spesso. Chi scrive è, sempre e comunque, un artista maledetto."

"L'amore è una cosa meravigliosa, ed è anche un film di Henry King".

"Cos'è l'amore? Il frutto dell'arovo."

"La vita è fatta a caste. Ma dubito che siano molte, quelle ancora vergini."

"Se c'è la salute c'è tutto. Quindi ciao ciao."

lunedì 16 novembre 2009

Photo fobia!















Questo blog sta diventando sempre più uno studio medico. Mah, la cosa non mi dispiace: la medicina è una scienza che ho sempre ammirato, ma della quale non ho mai capito un tubo che fosse uno (ma questo è discorso che vale per tutte le scienze). E poi chi non vorrebbe essere un medico? Diventarlo significa acquisire uno status sociale notevole, e immediato e irrevocabile rispetto da parte di tutti, anche se poi, magari, fate come il mio, di medico: vi date alla politica - dalla parte del nemico - e vi presentate in studio una volta ogni tanto, a salutare le vecchiette, le quali, come si sa, stanno male per contratto e vanno dal dottore solo per leggere "Famiglia cristiana" o le riviste di moda degli ultimi anni, fondamentali orpelli di ogni studio medico che si rispetti.
Foto-fobia, come ogni democritiano vero sa (nel senso di 'discendente di Democrito'), deriva dal greco o da quelle parti lì, e significa "paura delle foto". Poi c'è anche chi, invece, lo legge come "paura del sole", ma siamo in pochi...non ci crede mai nessuno.
Eh, sì: ci credereste? ci sono persone che non amano essere ritratte su pellicola, per le ragioni più disparate, di non facile comprensione. Nella società dell'apparire, in cui l'abito non solo fa il monaco, ma pure il prete, il rabbino, l'imam e il tronista, qualcuno ancora preferisce il non visto al mostrato a tutti i costi, ama passare il tempo giocando a nascondino, non compare su facebook ed è dell'idea che, se la fortuna è bendata, la sfiga ci vede benissimo.
Quali sono le cause che provocano in questi sventurati tale sincope? Se lo sapessi non starei qui, ma starei facendo il medico con qualche prosperosa cinquantenne. Però si possono azzardare delle ipotesi.


Ipotesi n°1: Jessica (un nome scelto rigorosamente a caso) non ama farsi ritrarre perchè è convinta che chi ha scattato la foto la riutilizzerà per cose sconce. Jessica, che ha un passato cattolico che nemmeno Eymerich l'inquisitore, soffrirebbe, in questo caso, di un disturbo meramente pissicologgico, dovuto a prudenza, temperanza, fortezza, castità, e un poco di malizia, profumo d'intesa. La cura che possiamo consigliarle è di fidarsi maggiormente delle persone, e quando, al momento dello scatto, dovesse sentirsi rivolgere domande quali "Puoi sollevare un po' quella gonna?" o "Puoi mostrare di più quella scollatura?", la nostra amica non pensi male, si vuole solo donare la sua bellezza al mondo...cosa v'è di più cristiano?
Ipotesi n°2: Jessica non vuole apparire in foto perchè pensa di non essere all'altezza. Ma, cara Jessica, non sai che in foto chiunque viene male? Se ne parla anche nella narrativa popolare: Leo Ortolani ce lo racconta nel capolavoro "La fototessera". Quando si scatta una foto, è tipico cercare di assumere una posa, per non sfigurare con gli altri presenti, per cui c'è chi sorride cercando di nascondere i denti gialli e sembra una trota impagliata, chi chiude gli occhi, chi si volta, chi fa le corna, chi la 'vu' (o il 2, la cui funzione è tuttora al vaglio degli esperti), chi ha gli occhi rossi, chi pare ad un funerale, chi Hannibal Lecter, chi un robot spento. L'atteggiamento giusto da adottare è: uniformati alla massa. Se gli paiono degli zombie, tu fai Romero. Se ti sembrano dei pesci lessi, poniti come un totano. Ma la fuga è da codardi, Jessica. Che vuoi che succeda? Al massimo ne viene fuori una cosa orrorifica, che guarderete solo voi astanti; certo, magari poi qualcuno la userà per cose sconce; ma in quel caso, più sconci di così, con quelle facce, sarete, ancora una volta, uniformati alla massa.
Ipotesi n°3: Jessica odia che le venga puntato un flash contro. Beh, qui le ipotesi sono due: o non è un'amante di supereroi; oppure odia la luce. In questo secondo caso, la nostra amica, più che photo-fobica, sarebbe fotofobica. Ma allora non le crederebbe nessuno.

Sennò fate come me, che nelle foto guardo solo i paesaggi, e cerco di immaginare il momento dello scatto. Anche perchè, a me piacciono gli horror, ma lo splatter preferisco evitarlo.

sabato 14 novembre 2009

Next: Panorama vs L'Espresso - don't miss the match!














Un paio di settimane fa, per soddisfare taluni bisogni fumettiferi, ho dovuto fare violenza su me stesso e acquistare Panorama, rivista che non amo molto. Per cercare in qualche modo di compensare il deficit democratico che questo gesto mi ha comportato, ho provveduto ad acquistare anche la rivista sua nemica, L'Espresso, per la quale non mi strappo i capelli, ma di cui, perlomeno, condivido le linee programmatiche.
Sicchè, se non altro per giustificare l'ingente spesa, ho dato un'occhiata alle due riviste e le ho messe a confronto: ne ho dedotto che entrambe sono esattamente lo specchio della società in cui viviamo, e che il loro pluridecennale successo è più che meritato. Infatti, proprio come il maggior partito al Governo e il maggior partito d'opposizione, esse si equivalgono, pur trovandosi su posizioni diametralmente opposte. Ma andiamo con ordine.
Innanzitutto è curioso notare come entrambe siano costate 3 euro. Un prezzo assolutamente equo, per rapporto quantità/prezzo, forse un po' eccessivo per la qualità, ma la società moderna è la società del "tutto e subito", del "più ce ne è, meglio è", del "come va, va". Chi scrive condivide la teoria dell'accumulo, e non può fare a meno di dare a Cesare quel che è di Cesare, conferendo a Panorama un vantaggio di almeno due punti, se non tre, sotto quest'aspetto. Perchè, vediamo, acquistando Panorama per 3 euro mi sono portato a casa, in ordine di apparizione(su quest'ultimo torneremo più avanti):
-un foglio che riproduce la copertina della rivista, sul cui retro pubblicizza la propria collana di road-movie, con titoli quali Easy Rider, Thelma&Louise, Duel;
-la rivista;
-un volantino che offre ai lettori la possibilità di un abbonamento congiunto fra Panorama e la rivista scientifica Focus, a prezzo ribassato;
-un altro volantino che reclamizza una collezione di oggetti da tavola ottenibili tramite punti-spesa all'Esselunga;
-il numero di Novembre del mensile First, con copertina a doppia pagina mostrante Dita Von Teese ignuda in un 'vedo-non vedo' di indubbio effetto.

Sborsando 3 euri, nel frattempo, con l'Espresso si poteva ottenere:
-un foglio che riproduce la copertina del numero, sul cui retro si invita i lettori ad abbonarsi alla rivista;
-un catalogo tascabile di cose per la casa;
-la rivista.

Insomma, un 5 a 3 per Panorama; ma aggiungiamo un punto perchè uno degli allegati è addirittura un'altra rivista completa, ed ecco che il lettore indeciso e voglioso di carta avrà probabilmente convenuto che L'Espresso non fa per lui. E questo lettore, si badi bene, non è solo, ma è uno fra i tanti. Il che è ovvio: L'Espresso mi allega un noioso catalogo di lampade e sgabelli, di una marca semi-sconosciuta, su sfondo bianco, tutte cose che chiunque può trovare all'Ikea la Domenica pomeriggio. Panorama, invece, mi da tanti volantinetti colorati, sottili sottili, non ingombranti, mi da la cultura come le donne nude, Focus come Dita Von Teese. Panorama si mostra sin da subito per quel che è, lo trovi immediatamente sotto il foglio; L'Espresso no, sotto il foglio c'è il catalogo, non la rivista, sicchè uno che vota Radicali o DiPietro e si crede un intellettuale di sinistra, pensa di trovarsi fra amici e si trova costretto ad assistere alla mercificazione dei propri ideali:L'Espresso che supplica abbonamenti (mentre in quello stesso spazio Panorama offre film di culto), l'Espresso che pubblicizza sedie quando un tempo solo gli abbienti si siedevano. Panorama regala al lettore l'illusione di calarsi nel mondo, L'Espresso cala il mondo su di lui; Panorama ti mostra come sono belli i quadri di Caravaggio, L'Espresso ti chiede perchè Dalì dipingeva gli orologi deformi, e pretende una risposta, quando non lo sapeva neanche Dalì stesso.

Panorama strilla in copertina:"La verità sul vaccino, 60 risposte per non avere paura dell'influenza A"; L'Espresso, sommessamente, sussurra:"Saviano - Il mercato del sesso", che c'è pure la parolaccia e un papà non si porta a casa la rivista con le parolacce, che magari la figlia piccola ci mette le mani sopra e fa domande scomode. Panorama rilancia, ammiccando al cliente dell'edicola:"Guardate la malasanità-viaggio shock negli ospedali", e come si possa guardare una cosa astratta a noi non è dato sapere; ma non importa, perchè tanto L'Espresso in copertina ha il viados e poi anche il d'alemiano più accanito non ne può più di 'sto Saviano, che sta sempre in tv e se lo sfruttiamo troppo c'è il rischio che stanchi (senza contare che ora parla pure con i trans, e dopo Marrazzo sarebbe più opportuno tacere: lo sappiamo tutti, con i trans è bello andarci, ma parliamone il meno possibile). Panorama coglie l'attimo, L'Espresso cita il 'dopo-Berlusconi' e difetta di senso politico: e che una rivista non schierata non dovrebbe far politica è un'altra cosa che Panorama ci insegna.
In Panorama, dopo qualche pagina di pubblicità c'è l'editoriale, con l'attualità più stretta in primo piano (la decisione della Corte Europea di togliere il crocifisso a scuola è definita "atto di violenza":la sofferenza provata da Mulè è tangibile anche dall'ateo più impietoso) e si chiede una riconciliazione fra le parti, mentre, dall'altra parte, una battuta di Altan sugli stupri preannuncia Giorgio Bocca, secondo il quale - ma tu pensa - la mafia è un pericolo reale, un articolo sulle opinioni come forma di esistenza per depressi (nel quale mi riconosco) e uno che chiede "meno potere ai professori", auguri. In Panorama c'è un altro po' di pubblicità, ma poi c'è subito il sommario, così il lettore occasionale è in grado di orientarsi quanto prima, mentre il lettore fedele sa immediatamente come ritrovare i suoi opinionisti preferiti:Vittorio Feltri, Bruno Vespa, Giuliano Ferrara, Carlo Rossella..ci sono tutti. Sa ritrovare subito l'articolo che parla bene della Gelmini, quello su Michelle Hunziker che combatte la violenza sulle donne, quello sulla tipa secchiona cacciata dal PD. Sa che a pag.75 si parla male di Repubblica, che a pag.86 Vespa ricicla il suo ultimo libro, e che a pag.113 ai poveri liberali tocca pure "sdoganare" Cuba (Castro ormai è andato, perchè non approfittarne?).
Mentre sull'Espresso il sommario è a pag.31, e prima di arrivarci occorre sopportare un sacco di notiziole mordi-e-fuggi su Camilleri, Tullio Pericoli e un sacco di altri nomi strani, si parla male di Feltri, si legge Travaglio, sino alla pagina satirica di Michele Serra, che fa più pensare che ridere, e allora che satira è? (si chiede il lettore occasionale). Gli affamati di cultura come il sottoscritto, però, possono giovarsi dell'Espresso, peccato che venda come roba grossa gli inediti di Luigi Tenco e l'articolo - inedito, ma del 2004, quindi vecchio - di Alda Merini, che dice più volte di essere matta. E tutto questo quando su Panorama si può trovare il reportage sulle riprese del nuovo film di Twilight, che - quello sì - promette colpi di scena a non finire, oltre ad un saggio che parla male del PD e ad uno sulle crociate dei cristiani (croce e sangue, da Dan Brown in poi, sono tutto miele che cola). Per chi ama informarsi su quel che accade nel mondo, Panorama ci porta a casa di Schumacher, ci fa toccare con mano i commessi-modelli del nuovo Abercrombie milanese, e ci svela che presto sarà possibile andare da Milano a Venezia guidando sull'acqua; L'Espresso, da parte sua, è insolitamente positivo: una lode a Zapatero e una ad Al Gore ci dicono che forse il mondo non è così brutto come sembra. Entrambe le riviste parlano di coloro che muoiono nelle carceri, ma possiedono un diverso senso dell'umorismo: L'Espresso deride Lotito e ironizza su Clooney; Panorama, più grossolano, sfotte i trans, sogghigna su Platinette e promuove la risata come cura per il cancro (sic!). L'Espresso ci fa conoscere meglio Baremboim e Dalmine, e come film sceglie "Mio fratello è figlio unico", mentre Panorama ci da "Wolverine - le origini" (e chi ama i fumetti sa dove schierarsi).
Per concludere, Panorama è solito chiudere con "periscopio", in cui si spettegola di qua e di là e si mostrano un paio di poppe femminili, che fanno sempre bene alla salute (non solo dei maschi, le donne sono sempre solite andare in bagno assieme e scambiarsi pareri sui loro petti e sederi). L'Espresso ospita, nell'ultima pagina, la Bustina di Eco o, in questo numero, la rubrica di Scalfari, al quale il suo quotidiano probabilmente non basta per parlar (male) del razzismo. Anche qui, si vede come, seppur L'Espresso sia assolutamente condivisibile nei suoi intenti, è Panorama quello che meglio sa intercettare le ambizioni degli italiani.
Per cui, vince Panorama? Beh, a questo non posso certo rispondere io. Si confronti con i rispettivi schieramenti cui le riviste fanno da specchio sociale. Quello che posso dire è che le poppe femminili sono belle, ma il buon senso e la democrazia ancora di più (più o meno).



Nota: l'immagine è a puro scopo illustrativo. Il confronto è stato operato sui numeri del 6 Novembre.

martedì 10 novembre 2009

Omofobiafobia.

Come si può notare dal video, persino la Ministra per le dispari opportunità s'è lanciata nella crociata contro la cosiddetta omofobia. Ma perchè l'omofobia sembra essere stare così tanto a cuore degli italiani, quando fino all'altroieri tutti se ne sbattevano allegramente gli ammennicoli? Cos'ha di così brutto, questa omofobia, da provocare l'indignazione dei benpensanti, degli anarchici, dei ricchi, della plebe, dei gay, degli hyppie, degli etero buoni, degli etero che odiano i gay, dei divorziati, dei cattolici e di quelli che, fino all'altroieri, non sapevano nemmeno cosa si suole indicare con questo termine ingeneroso (e che quindi se ne sbattevano allegramente gli ammennicoli)?
Tutti coloro che hanno un pizzico di dignità sanno che non bisogna discriminare gli omosessuali, che non bisogna discriminare le persone "normali" [termine che non vuol dire nulla, ma è usato per convenzione per indicare coloro che, nei rapporti - prevalentemente sessuali - interpersonali, seguono la strada indicata dalla religione cattolica, cioè l'uomo va con la donna, l'animale maschio va con l'animale femmina(a patto che sia della stessa specie: questo però non vale per la donna umana, che può anche andare con i cavalli, basta che i preti non lo vengano a sapere)]. Tutti sanno che, anzi, è preferibile non discriminare nessuno, nemmeno quelli che, dopo 10 anni, ancora guardano il Grande Fratello (i quali devono avere una pazienza infinita per sopportare da una decade le stesse cose: anch'io seguii il Grande Fratello, il 1° anno, ma dopo un mese mi ero già rotto le scatole di Taricone e Cristina, e poi il sesso: si parlava, si parlava, ma non se ne vedeva mai). Insomma, il punto è questo: che non bisogna discriminare nessuno lo sapevamo tutti. Le leggi, in parte, già c'erano; e quelle che non c'erano è giusto che ora vengano aggiunte. Ma c'era il bisogno di pompare il tutto così tanto? (Soprattutto dopo che per l'influenza suina ci ripetono fino allo stremo di non creare panico; e hanno anche ragione, per carità: che poi muoiano 1-2 persone al giorno a noi poco ce ne cale, tanto son tutti vecchi ammalati o bambini col sistema immunitario ancora debole, era inevitabile che finisse così).
Ora, qual è il problema su cui voglio soffermarmi? Il problema è nella scelta del termine. Omofobia è sbagliato. Chi è fobico di qualcosa lo è perchè ha paura di questo qualcosa. Ed ha paura di questo qualcosa non perchè si è alzato la mattina e ha deciso di averne paura: un aracnofobo, alla vista di un ragno, non gli dice:"Tu, brutto ragno, mi fai schifo. Ho paura di te!", ma semmai scappa. Un agorafobo, alla vista di una bella piazza deserta, urla o si blocca o piange o che so io (non ne ho mai incontrato uno, e mi limito ad ipotizzare), non minaccia la piazza apostrofandogli:"Piazza di cacca!". Un gruppetto di di anti-gay, invece, alla vista di due ragazzi che si baciano, sfodera le mazze chiodate e prende i poveretti a mazzulate-chiodate, magari sbeffeggiandoli con "Gay di merda" o "froci schifosi" o che so io (anche qui, non ho mai assistito di persona a scene simili, per fortuna, ma le ipotesi sono abbastanza verosimili, sfogliando i giornali ce se ne accorge), ma di sicuro questi tizi non ne hanno paura e non scappano alla loro vista. Al più ci sono i benpensanti che, visti due uomini baciarsi, si voltano dall'altra parte, ma quella è ipocrisia, è da sempre esistita e sempre esisterà. Anch'io mi volto quando vedo qualcuno vomitare: sono forse ipocrita? Sì, lo sono, perchè uno che vomita lo fa generalmente perchè sta male, e dovrei aiutarlo, anzichè voltarmi. Ma, se permettete, prima mi volto, poi, quando ha finito, lo aiuto, se vuole essere aiutato (e se non è ipocrita lo vuole). Non bisogna andare tutti d'accordo per forza, ma rispettarsi sì.
Chi è omofobo, stando alla lettera, ha paura dell'uomo. L'uomo come "essere umano", a meno che non si voglia indicare come omofobo chi ha paura del maschio, ma allora tanto vale che mi dia al femminismo: con i maschi di oggi, e mi ci metto di mezzo anch'io, che basta dargli un calcio sugli zebedei e li stendi, che paura si possa avere è per me arcano irrisolvibile. Ma torniamo a noi e poniamo che omofobo sia chi ha paura dell'essere umano. Dovrei specificare: dell'ALTRO essere umano. (Non sto nemmeno a discutere su chi ha paura di sè stesso, entreremmo nel campo della psichiatria, e a me gli psichiatri fanno paura, di solito sono più matti dei loro pazienti). Chi ha paura degli altri sarebbe omofobo. E qui la questione assume due vie. La prima è quella della malattia, sulla quale non voglio addentrarmi, per incompetenza. Come si fa per ogni tipologia di malattia, è da non prendere sottogamba. La seconda via è quella della stupidità. Postulato che una persona non è insana di mente, se la fobia non è dovuta a fattori di devianza - chiamiamola così, ma è termine moralmente errato anch'esso - dalla comunità, allora è dovuta senz'altro a stupidità. Quando salgo su un treno, e la carrozza è deserta come nei Tartari, e il secondo passeggero, pur con vagonate - letterali! - di posti a disposizione, si siede proprio accanto a me, si profilano nella mia mente le torture più sadiche che potrei sperimentare su quel malcapitato; quando vado di fretta e incappo solo in vecchiette che passeggiano beatamente nelle boulevard che conducono alla metropolitana o ai treni (chè, gira gira, sempre colpa loro è) oppure quando una persona (sempre la stessa) mi pone la stessa domanda mediamente ogni due giorni, in entrambi i casi mi chiedo perchè non abbia fatto il killer, vista l'efferatezza che potrei dimostrare in quei momenti.

Vi sarete chiesti perchè mi sia dilungato così a lungo su questo tema. E' che negli ultimi tempi questi pensieri che ho appena descritto mi tornano con costante regolarità, ragion per cui mi sono posto il problema se non stessi diventando anche io un omofobo. La risposta è no, almeno non nel senso che la Carfagna intende. Non scappo alla vista delle persone, nè mi provocano ribrezzo o altro. I miei sono pensieri stupidi, che mai e poi mai metterei in pratica, ma si sa che il brutto della teoria è che tutto, anche la cosa più immonda, è teorizzabile (da qui la stupidità). Mi sono, però, reso conto che, man mano che passa il tempo, mi sto 'asocializzando' sempre di più e provo sempre meno voglia di fare nuove conoscenze. Non ho amici veri da parecchio tempo, quelli che avevo non si sono dimostrati tali, e questo mi ha reso diffidente di fronte a sconosciuti. C'è una forte tendenza alla superficialità, almeno dalle mie parti. Per cui, si ride, si scherza insieme, si parla, e poi chi s'è visto s'è visto. Non ci si cerca, si ha sempre altro da fare. Ma questa non è amicizia, è tenersi compagnia per qualche tempo, forse per non sentirsi soli. Ma soli di che, quando al mondo siamo in 7 miliardi e ovunque cammini c'è gente che ti taglia la strada all'improvviso o che ti chiede soldi? Delle tre, l'una: o la maggior parte di questi 7 miliardi di persone è malata, e allora gli psichiatri sono tutto fuorchè matti e hanno capito come campare senza problemi; o la maggior parte è stupida, il che non è nient'affatto improbabile; o forse la vera paura che tutti, chi in fondo in fondo chi in superficie, abbiamo è un'altra: la paura di essere omofobici.

martedì 3 novembre 2009

Alla fin della fiera, è sempre la stessa storia.



Ma com'è che a Novembre tutto sembra sempre ripetersi, a questo mondo iterativo? E, come ogni anno, Putin c'ha freddo e non vuole dare il gas; e, come ogni anno, un politico della sinistra si dimette e costringe tutti alle elezioni anticipate; e, come ogni anno, la StarComics promette miniserie come se piovesse; e, come ogni anno, mi prendo l'influenza per colpa di quelli che, una volta saliti sul treno, sentono l'impellente bisogno di aprire la finestra, manco fossimo ai tropici.
La nostra società vive di punti fermi: si pensi al GF, tornato per la decima volta consecutiva (non che la cosa mi dispiaccia: per il decimo anno consecutivo ho la certezza che non guarderò Canale 5, il che non è certo un male).

Su questo stuzzicante e angoscioso tema, un'analisi è stata tentata, anni orsono, da quel grande sociologo delle masse che è Angelo Branduardi. Nella canzone "Alla fiera dell'est", il Branduardi sfruttava il meccanismo della "ripetizione ciclica" per seguire le peripezie dello sventurato topolino acquistato dal papà alla fiera, sino allo svelamento finale.
Non stiamo qui a leggere l'intero testo, che, come si è detto, gioca tutto sulla continua litania dei due soldi e del mercato orientale, oltre che sull'estenuante elenco di 'cliffhanger di strofa' (i quali, assommati, sono la gustosa applicazione "su strada" della teoria cosiddetta 'dei 6 gradi di separazione' - quella per la quale io conosco te, che conosci Silvio, che conosce Mangano, che conosce Riina, che conosce Al Capone, e così via).
Ci basti l'ultima strofa, che contiene il succo della vicenda.

Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E infine il Signore, sull'angelo della morte, sul macellaio,
che uccise il toro, che bevve l'acqua, che spense il fuoco,
che bruciò il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto,
che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò.

Oltre al danno, la beffa: i due soldi, al padre, chi glieli ridà? Non può nemmeno pregare (ammesso che sia credente, e se lo è, che lo sia di religione cattolica), giacchè è proprio Dio a dare il via a tutto. Forse che il Branduardi voglia rimandare al Gran Giogo della Vita? Con quei capelli che si ritrova, forse lo vuole pure. Ma a noi interessa ora un altro aspetto della questione: la ripetizione. Che poi anche questa faccia parte della volontà del chiomato cantante, è possibilissimo: ti mostro la realtà, ma se la realtà è iterativa - e questo l'abbiamo dimostrato sopra - allora ti mostro l'iteratività. Come a dire, Socrate è mortale, come tutti.

E allora: se, nonostante il topo venga continuamente mangiato dal gatto, il quale viene morso dal cane, che viene picchiato dal bastone (ma chi lo muove? Forse Dio? Branduardi, sogghignante, non nega), il quale a sua volta viene bruciato, il fuoco spento, l'acqua bevuta, il bue ammazzato, il macellaio colto d'ictus, sino a Dio assassino di angeli; se, nonostante tutto questo, il padre insiste, imperterrito, ad ogni strofa, a comprare un dannato topolino, pur consapevole del destino che lo attende e dei giochi politici che questo gesto metterà in movimento; se il padre (che non è stupido; è dell'est ed è ricco, ma non è stupido), se quest'uomo, conscio di essere la causa dello sputtanamento di Dio Creatore -perchè di questo si tratta - non esita un momento a dare il via al loop...se non fa lui, perchè non dobbiamo farlo anche noi?

Perchè no?
Perchè Putin ha freddo, ad esempio. Ed è meglio non farlo scaldare troppo.