mercoledì 21 dicembre 2011

Another Xmas letteryn

Ciao Ba',

come butta? Dal camino, immagino.
Capperi e capperugia, sono due anni che non ci sentiamo. Rammenti? Lo scorso Dicembre mi presi un mese sabbatico (colgo l'occasione per scusarmi con te: apologize me, Babbo! Sì, dico "Babbo" come quel pirla della pubblicità continua a chiamare la sua amica Molly... Appropo', Babbo, lo puoi mettere sotto con la slitta? Thank you, Babbo!).
Esco dalla parentesi che sennò mi perdo, e riprendo il refe del discorso. Rammenterai che, quest'anno, di mesi sabbatici me ne sono presi parecchi (se vuoi sapere quanti, Babbo, vai nella colonnina di destra, quella blu, e conta), sicché quindi per cui, almeno nell'ultimo mese di questo primo anno della nuova decade del XXI°secolo e del III° millennio (quest'ultima frase va pronunziata tutta d'un fiato), posso pure fare la fatica di scriverti due righe.
Che altrimenti va a finire come nel film "Elf", che non c'é più la magia del Natale e la gente deve cantare per strada facendomi commuovere come neanche quando avevo tre anni mi commuovevo. Tu ridi, Babbo, ma la questione è grave. Anzi, doppiamente grave: a) è grave perché, nella realtà reale, la gente non canta mai per strada ed è già tanto se non si ringhia o non si scruta con occhio indagatore; b) ed è grave perché io non ne posso più di frignare ad ogni film sdolcinato. Io sono stufo, eh. Ho 24 anni, io, anche se non si direbbe. Mi pare ora di smetterla, Santo Pseudo-Dionigi l'Areopagita. Io voglio essere duro, rude, ruedo e pure udore. Voglio rimanere impassibile dinanzi a qualunque ingiustizia o malversità imperversi dinanzi ai miei occhi, e voglio anche conoscere un sinonimo di "dinanzi".
Va bene, qualche eccezione te la concedo, e in fondo non è che ti stia chiedendo di diventare uno stronzone di prima categoria (magari di seconda, toh). Se sento una musica di Giacchino, ok, si può lagrimare un poco. Ma una lacrimuccia, due, non un pianto ininterrotto, San Dionigi Davide. E comunque un conto è commuoversi con una musica di Giacchino, un altro è farlo ogni volta che - anche nella commedia più sdolcinatamente becera - due si sorridono, si abbracciano, si baciano, fanno l'amore e mettono su famiglia (vabbé, il fare l'amore non contarlo, il pianto è di invidia).
Capito, Babbo? Bene, Babbo.
Oh Babbo Babbino, ma assomigli a Nino Manfredi? Ma quanto era un grande quell'attore? Quant'era bello lo sceneggiato di "Pinocchio"? Lo sapevi che in "Linda e il Brigadiere" ha recitato Padma Laschki, o come si scrive, quella che conduce "Top Chef" negli USA, ha scritto un libro, è famosa ed è pure una bella figliola? Io che ho assistito alle riprese di "The international" con Naomi Watts e Luca Barbareschi, posso sperare perlomeno di scrivere la posta di "Chi"? No, eh? È che il mio secondo nome non è Paride, diciamoci la verità, ma al più Paresi. Eppure anche Toni Colicchio fa il giudice a "Top Chef", e non è che sia proprio un Adone. Tu non puoi proprio farci niente (non per Toni Colicchio, per me)? Una magia di Natale, magari... scherzo.

[Il periodo precedente contiene un messaggio subliminale. Bevete Coca-Cola! Questa parentesi pure].
Passiamo a cose concrete, Babuz (come ti chiamano su Tillan).
Come saprai, su un noto forum ho di recente fatto la figura del pirla fessacchiotto nonché leggermente ritardato, in quanto di Mario l'idraulico non so praticamente nulla. Vedi se puoi fare qualcosa. E vedi se puoi fare qualcosa in generale per tutto quel che è videoludico, ché sono da troppo fuori da quel giro. Io volevo specializzarmi in fumetti, ma tanto non riesco a fare nemmeno quello, tanto vale che mi faccia una reinfarinata di digital entertainment. Aiutami, Babbo, e per la tua festa donami la voglia di farla. Solo la voglia, il tempo no, perché se ne avessi poco, vorrebbe dire che qualcosa di proficuo me lo ruberebbe... ma 'ste cose non sto neanche più a chiedertele. Amore, Salute, Lavoro... tranzollo, Babbo, non ti chiedo niente. Regalini semplici, quest'anno. Non troppo, certo, che devo stare attento a non regredire del tutto allo stato larvale (già mi piacerebbe tornare a giocare coi Lego): il mondo del lavoro è adulto e spietato, là fuori.
Anche se, regredito, potrei sempre trovare un impiego a Mediaset. Come si suol dire: se non puoi batterli, unisciti a loro (cit.), e in fondo ho pur sempre assistito alle riprese di "The international" con Clive Owen e Luca Barbareschi... magari non scrivo un libro di ricette, ma conduco qualcosa con la Marcuzzi. Alla peggio ritrovo Alfonso Signorini.
Vabbé, queste sono riflessioni di fine anno... quando arriva la malinconia e ti porta via... (dal ché si deduce che la Befana è malinconica: datti una svegliata, Babbo!).
Ma poi dico, San Dionigi martire 1,2,3,4,5,6,7,8 e pure 9, due anni orsono ti chiesi 10 regali e non me ne portasti nemanco uno. Ma che si fa così, con gli amici? E non dirmi che mi sbaglio e che devo farmi vedere da uno bravo, perché, va', ti metto il link. A chi pensi di turlupinare? Ti ho chiesto la pace nel mondo, e niente, stiamo ancora come prima (e non tirarmi fuori pure tu la "primavera araba"... oggi inizia l'inverno). Ti ho chiesto di togliermi allergie e tic vari, e sto come prima, e in più ho l'anulare spastico e sono ingrassato come un Sus scrofa domesticus pronto per il macello (sono più domesticus che scrofa, comunque).
Vieppiù ti chiesi, Babbo, di rendermi spigliato ed amabile. La lettera l'hai sotto mano. No, dimmi tu...
I membri del Governo li hai esiliati su Plutone? No, sono ancora lì. Li hai rimossi, ma c'hai messo due anni, San Dionigi di Parigi, e hai fatto pure il lavoro a metà. Comunque il Dr. McKay di "Stargate Atlantis" ha detto che Plutone è stato declassato (anche se io ho letto il contrario)... un altro lavoro a metà per il quale ti ci sono voluti due anni.
Gli altri neanche te li cito, sennò facciamo notte e in più sai bene che meriteresti una bella denunzia per procurato allarme e schiamazzi notturni. Ti dico solo che se non dormo quanto ne avrei bisogno, poi sono nervoso, e se fai così con tutti poi non ti lamentare se non c'é più la magia del Natale.
E quel libro che devo leggere dal 2004... dai, è una storia ridicola, Babbo. Facciamo ridere i polli, gli abbacchi e le galline (anche se sono senza spine e non sono come lo stoccafisso). Se lo racconto in giro faccio un'altra figura da pirla fessacchiotto nonché leggermente ritardato.
E non mi va più, sono stato chiaro?

Ora, mi raccomando, Babbo, non andare a spettegolare tutti i fatti miei in giro. Sappi che ti verrei a cercare. Non sono più buono e caro, io.
Almeno spero! (<-- qui c'é un messaggio subliminale)

E bevi Coca-Cola! (<-- qui no)

Tanti saluti, Babbo, Buon Te Stesso e Felice Anno Nuovo (ed Erminio Pasqua e Massimo Carnevale).

Nei secoli fedele,
MaxBrody

sabato 10 dicembre 2011

La previdente previsione di Miscél




Mormora la bambina che a Torino, nei bei tempi andati, si poteva ammirare un'epigrafe, testimonianza del, ed omaggio al, passaggio di Nostradamus in città. Tale epigrafe recava incisa la seguente epigrafe:

1556

NOSTRADAMUS A LOGE ICI
ON IL HA LE PARADIS L'ENFER
LE PURGATOIRE IE MAPELLE
LA VICTOIRE. QUI MHONORE AURA LA
GLOIRE. QUI ME REPRISE AURA LA
RUINE ENTIERE.

(1556 / Nostradamus ha alloggiato qui /
c'é il paradiso, l'inferno / il purgatorio. Io mi chiamo /
la Vittoria. Qui mi onora avrà la / gloria. Qui mi disprezza avrà la /
rovina intera.)



Fra parentesi (che non è una malattia causata dai troppi baci dei parenti), la traduzione ufficiale.
Ma "ufficiale" equivale automaticamente a Verità? Nossignori! Al più equivale a "militare alto in grado".
Noi contestiamo e abiuriamo i Poteri Forti e tutto quel ch'essi propongono e propinano alla civile plebe, e, ponendoci dalla di essa parte (della civile plebe), proponiamo e propiniamo un'interpretazione nostra, agghindata quel che basta a renderla quanto più somigliante possibile alla Verità Una e Assoluta.


"Loge" è chiaramente "Alloggio". Oppure "Loggia". Quale loggia? Lo scopriremo presto.
"Ici" si riferisce indiscutibilmente alla tassa giustappena reintrodotta, o in via di reintroduzione, dai Poteri Forti.
Tassa sull'alloggio. Reitrodotta dalla Loggia. Incredibile: Nostradamus soleva davvero scrutare l'avvenire. Come un osservatore romano, egli s'immergeva nel domani e ne traeva flash d'agenzia da divulgare ai contemporanei e nondimeno ai posteri.
C'é una Loggia di Potentati che introduce tasse a profusione, persino su un ché di imprescindibile quale è l'alloggio. Un Paese in cui questo accade come può definirsi? Inferno, per molti. Purgatorio, per alcuni. Paradiso, per pochi. Un Paese, ca va sans dire, in cui la Vittoria è chiamata Mapello.
Già: Ambivere-Mapello, BG, ridente località, doppia località, celebre per bambine assassinate oggetti di studi aperti a chicchessia, è, invero ed inveruno, l'epicentro di una nuova generazione di Poteri Forti, e fonte di una nuova mentalità, diffusasi poi pel Paese tutto.

Chi avrà l'amabilità di onorar la mapelliana forma mentis, avrà la Gloria. Gloria Brambilla, nota altresì come la Passera Cantrice della Brianza Brembatese.
Per color che amabilità non più avranno, altresì Gloria più non avranno. Mancherà nell'aria, Gloria. Al posto suo, Aura: Lorenzetti? L'? Non è dato saperlo. Passera, comunque. Quantunque, Passera. Inaudito: Nostradamus aveva ben chiara la situazione: il 2011 a.D. avrebbe visto l'avvento di un/a Passera.

Non ci appare, indi, anacronistica la chiusa finale: color che riprenderanno la mapelliana via dei Poteri Forti avranno Aura, sì, ma essa sarà prodromo di sciagure ed intere rovine.
Nostradamus, aka Michel De NotreDame (ove la Signora Nostra è la Patria; no, non è fortuita coincidenza l'apposizione dell'epigrafe in quel di Torino) lunga la sapeva, se fin da quello sparuto "1556" avea voluto tramandare messaggio di pericolo. 1556 equivale, difatti, a 2011. 1+5+5+6=21, prima e ultima cifra dell'anno maggiore. 2+0+1+1=4, come le cifre che compongon il numero minore. Prime e ultime cifre, 1 e 6 & 2 e 1, appaiono indissolubilmente legate da inversi rapporti: e nella dicotomia parità/disparità e in quella maggiore/minore. Nondimeno le cifre centrali appaiono francamente interallacciate: 5 e 5, annullantisi a vicenda, simboleggiano il passato; 0 e 1 rappresentano un incremento, metafora del domani. Un domani di pregresso, non progresso, almeno finché la rotta non sarà invertita.
O almeno finché a traghettare il vascello dell'italico galeo(tto)ne non saranno Menti Aperte, sul modello nostradamusiano, bensì le solite, vecchie, antiquate, anacronistiche (loro sì!) Menti Chiuse dei Poteri Forti.

Ancora una volta, ancora una volta, la chiave per il presente sta in quel passato che guarda al futuro.

Chi rammenta in qual tasca la si è messa? Orsù, che l'alloggio non s'apre da sol, e se non s'entra ora non s'entra più.

giovedì 24 novembre 2011

IlquartoGiovedìdiOttobring day

A Francesco Torto, mio unico lettore (regolare).
A me stesso, mio unico lettore (a parte Francesco Torto).
Agli autori famosi che mi leggono e non mi querelano.
Alla gente famosa che non sa nemmeno che esisto e che, per ora, non mi querela.
Al NNF, che non mi ha ancora querelato (pur leggendomi e non essendo proprio famosissimo).
Al Sollazzo, che mi ha restituito tanti stimoli.
Ad Agarthi, che un po' è anche mio.
Ad Agarthi di nuovo, che, essendo un po' mio, è rimasto tristemente sfigurato.
Allo Staff di Agarthi, che mi ha abbandonato, ma dopo avermi sopportato per anni.
Agli Sgrittori e ad Adriana, ché se anche non ci si parla praticamente più, ci voglio ancora un po' di bene.
Ad amici e conoscenti.
A mamma e papà e parenti vari.

Mi pare che non manchi nessuno....bene.

A tutti voi, grazie.

Ché se non vi ringrazio oggi, poi mi scordo e non vi ringrazio più.


Non è per cattiveria, è che proprio mi scordo. Ho una memoria così così.




Invece Morandi l'ho messo per cattiveria.

venerdì 18 novembre 2011

Il suo nome è Don Rosa
























Di: Baudo-Fineschi-Paolini-Silvestri-Brody.
Canta:
Nino Ferrer

Il suo nome è Don Rosa,
alto, snello,
confidente e delizioso
e vuole sé.

Può sembrare capriccioso
Don Rosa,
ma non c'è da farci caso,
lui vuole sé.

Sono sincero,
confesserò,
non ce la faccio
a dirgli di no.

La Disney è mobile,
e questo lo so,
e Don Rosa fa lo sdegnoso,
non è un segreto e le prove vi dò.

Mando mille topolini,
rosse vesti fino a là,
strisce cento disegnate
tutti i giorni,
lui però fa marameo
e ritorna a far quaquà.

Il suo nome è Don Rosa,
caro, bello,
veramente favoloso
e vuole sé.

Per qualcuno è un ambizioso,
Don Rosa,
ma son certo che si scusa,
se lui vuol sé.

Sono sincero,
confesserò,
non ce la faccio
a dirgli di no.

La Disney è mobile,
l'ho detto già,
ma Don Rosa è misterioso
e questo esempio lo confermerà.

Gott e Walsh gli fo' vedere
ed Ousborne ed Iwérks,
compro una pepita d'uovo
tutti i giorni,
lui però fa marameo
e ritorna a far quaquà.

Il suo nome è Don Rosa,
birban-tello,
sorridente e malizioso
e vuole sé.

Può sembrare capriccioso
Don Rosa,
ma non c'è da farci caso,
lui vuole sé.

Sono sincero,
confesserò,
non ce la faccio
a dirgli di no!



Attenzione: la canzone non è da prendere sul serio.


Se volete essere seri, invece, non dovete perdere

Don Rosa: La Retrospettiva Disneyana

Autorevole e opinabile.


Prossimamente, solo su Tana del Sollazzo.

martedì 15 novembre 2011

Per un leghismo nuovo! (lettera al leghista senziente)

El leghistùn l'é tornà (forse) al'oposizione.
Quindi ha ricomincià a bacagnare coi soliti "Roma ladrona", "Le Banche ladrone", "La massoneria".
Ossignùr. Ma un po' di quella roba, no?

Dicono di essere celti, ma stan sempre qui a frignare. I celti non stavano lì in Scozia a frignare, a dire "Inghilterra ladrona" tutti i giorni, osti.
I celti migravano, andavano giù in Europa a trovare i teroni francesi e italiani (il leghistùn la storia lì di Medhelan e della fondazione di Milano la sa a memoria), andavano a rompere i maroni in tutta europa. Solo i nostri son sempre qui a rompere le balle sempre agli stessi (a noi poveri cristi disoccupati o in cassa integrazione mentre loro buttano soldi per il ministero del caiser, che è pure finto peraltro).
Ma dico, ma emigrate, no? Tanto qua il Monti alza le tasse fino alla madonna, che sarà già dura da sopportare, se ci mettiamo anche le frignate del bossi, del maroni e del calderoli tanto vale spararsi un'endovenosa. Eh no, eh. Non c'ho mica voglia, io, di starmeli a sentire. Son vent'anni che li sento. Ma basta, son stufo. Sono al'oposizione e si lamentano, sono al governo (a Roma ladrona) e si lamentano, tornano al'oposizione e si lamentano. Son proprio di sinistra, vaca pelanda.
Ma poi l'avessero fatta, 'sta secessione. No, perché loro la vogliono fare per via democratica. Ma come fai a fare la secessione per via democratica? Ma crista, devi essere proprio un suino per raccontare la stesa balla per vent'anni. E ancora più suino è il pirla che ci crede.
Che poi tanto non gli crede nessuno, giusto qualche picio qua e là (ma i pici ci sono sempre). Però ormai quelli si sono insediati, non la mollano mica la poltrona, i tre dell'ave maria. Uno è uno sfigatello quattrocchi che non ha mai fatto una sega in vita sua, urla contro la partitocrazia e due minuti dopo lo beccano con la tangente, e che prima s'allea con d'alema e poi col puttaniere. Poi vabé gli si fulmina il cervello, puèret, ma non si capisce neanche quando parla e dalla poltrona non si schioda mica (e intanto ha piazzato il figlio trota). L'altro è uno che morde i carabinieri e poi gli fanno fare il ministro dell'interno. E vabé, non c'è bisogno che dica altro. Il terzo è il tipico signorotto ciccione col naso rosso, che dice le cose e fa l'esatto contrario. Cos'abbia di federalista uno che fa la legge elettorale per rendere il parlamento più elitario di quanto fosse prima, e poi la chiama 'porcellum', e vantandosene peraltro, e poi dice di voler presentare lo stesso referendum già sconfitto nel 2006 e che fa le stesse cose che voleva fare la p2. Cos'ha di federalista uno così? Boh.
Comunque pure l'elettore leghista c'ha le sue belle colpe.
Può ancora farsi perdonare, però.

I celti migravano? Migri anche il leghista. Perché non può migrare? Cos'è, è paralitico per definizione come il suo leader? No, può prendere armi e bagagli e andarsene, lontano dai romani, dai teroni, dai politici. Dov'é che può andare, il popolo della padania? Può andare in Svizzera, che a loro piace tanto, è un po' il loro modello. Però lì c'é il problema che gli svizzeri odiano gli italiani e per loro anche i leghisti sono italiani. Non è che gli convenga tanto, il loro Paese modello.
In Germania è uguale, e poi è pieno di immigrati del sud, ma per i crucchi gli italiani son tutti uguali. In Europa del nord, forse. Lì però l'estrema destra è cattiva, lì non c'é Fini, lì gli attentati li fanno ancora. Se vuoi fare una vita tranquilla non è proprio l'ideale.
Possono andare in Africa. Lì c'é tanto spazio. Però ci sono tanti neri. Meglio vagliare bene tutte le alternative, prima.

La mia soluzione invece è un'altra. I leghisti possono comprare una piattaforma petrolifera in saldo, fare una colletta, tanto i leghisti sono tanti (arrivano fino in centro italia, per cui sono tanti; fa niente che quelli sono leghisti burini, l'importante è che aiutino con la colletta), possono fare una colletta generale e comprare una piattaforma petrolifera, la piazzano in acque internazionali, vanno tutti lì e si proclamano Stato Indipendente. Se non ci stanno tutti, ne prendeno due o tre di piattaforme petrolifere, un po' di inventiva insomma, fanno un arcipelago e si proclamano Arcipelago della Padania.
Devono solo stare attenti a quali acque internazionali scegliere, se hai vicino il Nicaragua o l'Honduras poi bisogna stare sempre attenti a che non ti invadano.
Io, fossi in loro, rimarrei vicino all'Italia. Per due motivi. Il primo è che da qualche parte bisognerà fare la spesa, e per farla in un altro Paese bisogna imparare qualche parola straniera, troppa fatica. Il secondo è che se i padani si proclamano indipendenti, sicuramente il governo italiano proverà a smantellargli le piattaforme, come ha già fatto nel '69 con l'Isola delle Rose. Al ché quei leghisti che non ci staranno potranno dichiarare guerra all'Italia, che è un po' il loro sogno recondito.
Poi, se vincono, si riprendono l'Italia, e bòn tutti contenti. (L'Europa se deve punire, punisce l'Italia non la Padania, che tanto non avrebbe mai riconosciuto).

Oppure si può sempre smettere di votare 'sto partito corrotto e cialtrone.
Una delle due.
Insomma, signori che sostenete la Lega, ci vuole un po' di inventiva.
Sempre meglio che passare altri vent'anni a ripetere la stessa cosa, no?

Un caro saluto.

venerdì 11 novembre 2011

PAURA E DELIRIO ALL'EDICOLA (2)

Addì 11-11-11



Paura.

Non ci volevo andare, all'edicola. No, no e no. Ma dopo tempo immemore era tornato il Sole. E come dice il clone di Pieraccioni chi trova Sole non lo lascia più. Pertanto, tremolante e assonnato, guardingo e perso in mille paranoie, dopo aver preso, lagrimando, il cinquantone dalla cassaforte segreta, mi sono avviato. Ovviamente a piedi, per impiegarci di più. Con passo felpato, ho attraversato laghi e colli, esitando e tentennando ad ogni più infima scusa. Ho guardato se c'erano pesci nel lago, mi sono fermato a decidere quale strada mi conveniva percorrere, ho atteso, sulle strisce pedonali, che tutte - ma proprio tutte - le auto transitassero. Ho contato le cacche in cui mi sono imbattuto. Otto. Ho camminato lentamente, senza prescia alcuna, eppure fiato corto e dolori callipedi mi hanno reso il viaggio un inferno più di quanto già non fosse.
Il demone dagli occhi gialli era sempre più vicino.
Come una vacca a transumanza finita, mi sono lasciato ciondolare e ho seguito, sguardo appannato, una signorina Rottenmeier nell'ultimo attraversamento stradale prima del Trip.

Delirio.

Ho percorso il periplo dell'edificino. Rilucenti e seducenti immagini patinate urlavano a gran voce. Ma il rombo dell'autobus copriva quelle invereconde grida silenziose. Gli occhi, però, complice l'astro del mattino, erano inermi. Archeo, Giochi per il mio computer, Il mucchio selvaggio (col fumetto in copertina!), una nuova rivista di Storia pronta a svelare tutti i segreti noti e innoti della famiglia Borgia... e ancora: Tattoo, la donna con i grossi seni in bikini, Men's health, i segreti del punto croce, un altro Tattoo, Tatuaggio, Realizza il tuo Tatuaggio... Ma non volevo tatuarmi! Al più sapere se fra i Borgia fosse inclusa anche Luana. Dovetti fuggire. Zigzagai sino all'edicolante. Lo salutai, simulando indifferenza. Presi un forte respiro e cominciai dal piatto forte. "L'Audace Bonelli è finito?", domandai, ponendo già le mani avanti. Non era finito. Non le avevo viste, ma ben quattro copie erano adagiate dinanzi a me, sdraiate in posa sensuale. Non le avevo viste veramente o forse VOLLI non vederle? Non lo seppi mai. Ne presi una copia e la lasciai lì. Altri clienti si erano avvicinati, nel contempo. Li lasciai fare. Il demone dagli occhi gialli mi stava seducendo: non volevo distaccare gli occhi dal reparto fumetti. Il non dover comprare LaRepubblica aveva allentato le mie difese. La gioia effimera che tanto cara mi sarebbe costata pareva non voler terminare mai. Non trovavo nulla di quel di cui abbisognavo. Poi, una ad una, le mie speranze crollavano impietosamente: Nathan Never 245 fu il primo, seguito a ruota da Ratman 87. Shanghai Devil 2 l'avevo notato subito (era stato appena consegnato e le copie erano ancora fumanti), ma altrettanto subito avevo distolto lo sguardo da quelle costine rosse e lussuriose. Stavolta dovetti cedere. Una sola, fioca, speranza mi era rimasta: di Nirvana 1 non ve n'era traccia. Giubilo e tronfio, corsi a pagare. Sganciai senza fare storie, segno di una mente, la mia, ormai ottenebrata dal delirio di onnipotenza. Una sola copia di Nirvana 1 era stata inviata a quell'edicola, ed era stata ormai venduta. Mi bastava: il demone aveva subìto il suo smacco. Me ne andai, fischiettando come un disoccupato che viene guardato male dalle vecchie che aspettano l'autobus.
Successivamente mi accorsi che le mie tasche pesavano 17,80 € in meno, e solo allora mi resi conto che lo smacco l'avevo subìto io.

Paura.

A quel punto affrettai il passo. Sacchetto appeso alle dita, rimuginavo sul da farsi. All'esterno sfoderavo un sorriso alla Berlusconi, se guardato; se non guardato, il mio volto s'increspava in mille rughe precoci e gli occhi assumevano un'espressione cinese. (Di nuovo il Sole, dannato Pieraccioni). All'interno i pensieri più disparati si affastellavano uno sopra l'altro senza soluzione di continuità. D'un tratto m'imbattei in un'altra edicola, più piccola di quella che avevo visitato. Non so spiegarne il motivo, ma mi avvicinai e chiesi se Nirvana 1 fosse disponibile per una transazione. Un lato di me esitava, nascondendo la busta dell'altro edicolante; l'altro lato, meno politically correct, era indemoniato. Pareva che lo volesse davvero, quel fottuto albo. E quando l'edicolante, peraltro diverso dal consueto edicolante, rispose che l'albo, il fottuto albo, non era disponibile, quella metà di me diventò triste. L'altra metà, fortunatamente, sorrise in meneghino e s'accomiatò, allontanandomi da quel luogo perverso.
Tornai a casa senza altri turbamenti che non fossero quelli a voi già noti. Fra le mura amiche mi sentivo al sicuro, certo che lì nessuno avrebbe voluto sottrarmi la mia preziosa cartamoneta. Ebbi il tempo di rimuginare. Il materiale cartaceo acquistato, ad una prima sfogliata, non mi pareva più così nefando. Ripensai anche al Nirvana 1 da cui ero scampato per ben due volte. Un fioco sorriso cominciò a raggrinzirmi le gote.

Delirio.

Ma durò poco. Nuovi fatti sono accaduti nel frattempo, e hanno minato la mia già precaria certezza novembrina.
Agenzia Alfa 24, che avevo pensato di poter accantonare sino a Natale (qual ingenuità!), parrebbe essere importante per fini continuativi. Andrebbe inoltre appaiato ad Universo Alfa 9, che domani uscirà dal limbo infernale da cui proviene. Ben due Zagor minacciano la salute del mio portafogli, giacché anche quello di Ottobre, da cui mi credevo ormai salvo, è disponibile. (Ho tentato di rimuovere con una tisana al luppolo e malto il ricordo della terribile scoperta, ma non vi sono riuscito). E ancora, Nathan Never 246 e Almanacco del Mistero 2012 hanno da tempo annunciato la loro prossima diffusione nell'universo mondo. E sapete bene come Nirvana 1 sia ancora in circolazione, bramoso della sua preda.
Ch'io lo desideri o meno, potrei dover essere costretto a sacrificare altri 22,90 €.
Possa chi leggerà queste righe perdonare la mia prosa temporalmente confusa: le mie mani tremano. Sappia che mi impegnerò a fondo nella battaglia contro il demone dagli occhi gialli e il suo esercito cartacico.
Non so dire quanto ancora potrò resistere. Un giorno, due settimane, non di più. Per allora, spero di essere ancora in me. E di avere qualcosa da leggere.


MaxBrody

mercoledì 9 novembre 2011

Panico! (1)

E non soltanto per il sussulto di 'blogghite' che mi è venuto all'improvviso.

È da un mese che non vado all'edicola. Ho letto due Topolino con Casty e altre cose interessanti e i Grandi Classici n.300, ma per quelli c'é il supermercato.
Ho evitato come la peste le mie due-tre edicole di fiducia (la metà delle edicole del mio paese).
E così ho accumulato, accumulato e accumulato uscite su uscite e domani, quando dovrò andare all'edicola (perché DOVRO' andarci, o non posso più reputarmi un nerd) proverò più dolore che soddisfazione.
Perché?
Contiamo:

Nathan Never n.245 - € 2,70
Nirvana n.1 - € 2,90
Ratman n.87 - € 2,50
L'Audace Bonelli - € 9,90
(forse) Repubblica - € 1,00
Shanghai Devil n.2 - € 2,70


Totale: € 20,70 (+ ev. € 1,00)

E ho temporaneamente rinunciato a:
Agenzia Alfa n.24 - € 6,20
Topolino n.2920 - € 2,30
Zagor n. 555 (Zenith n.606) - € 2,70
Zagor n. 556 (Zenith n.607) - € 2,70

Totale: € 13,90

Il primo lo rinvio a Natale, sperando di trovarlo ancora, in quel remoto futuro. Il secondo lo leggo a scrocco. Il terzo ormai è perso, dovrei farlo ordinare e non ne ho voglia. Per il quarto ho ancora un mese di tempo per ripensarci, ma senza il terzo perderebbe il 50% del suo potenziale.
Se volessi comprare tutto, dovrei spendere € 34,60 (+ ev. € 1,00, pari a quasi 67.000 lire del vecchio conio.

E non ho tenuto conto dei Casty che sto cercando su E-Bay.

E sono povero e disoccupato e ho la tosse da metà ottobre.

Sigh e sob! Me misero! Me tapino! Perché la vita è così grama?

giovedì 18 agosto 2011

E a Francoforte... come va?



Un nuovo dogma s'é fatto strada fra i già numerosi dogmi che guidano le nostre vite: c'é la crisi. Ci sono gli speculatori. Il nostro buon Governo ce la sta mettendo tutta per contrastare il nemico piovuto dal cielo: è giunto persino - e a gran malincuore - a tassare gli abbienti, quando - da che mondo è mondo - è d'uopo che ad essere tassati debbano essere solo i redditi medio-bassi. Stando alle ultimissime voci, pare che si riesca anche stavolta ad evitare questa empietà. Ce lo auguriamo: mai vorremmo che chi ha la grana aiutasse chi non la ha. I poveracci (Bossi, 2011) debbono farcela da soli, ché fuori il mondo è cattivo, e se non ce la fanno peggio per loro, niente Tfr. Anzi, niente Tfr comunque e a nessuno, tié.
Ma gli apprezzati sforzi del nostro buon Governo paiono inefficaci, la crisi incombe con tutta la sua minacciosa protervia, e se è vero che è scoppiata a sud, è altrettanto ovvio che il mandante risieda a nord.
Ancora una volta, l'ennesima, la Germania è al centro della Storia. Se non accetterà la proposta del Ministro Tremonti (spavaldo popolano da tempo infiltrato nella Massoneria per sgominarla dall'interno con le sue sole forze), giornalisticamente epitetata "eurobond", non ci sarà scampo per nessuno di noi.
Cosa fare? Come agire? Ben poco è fattibile. Sono giorni bui, e anche all'ombra non ci sono meno di trenta gradi.
Quel che si può fare è non perdere la calma. La calma è la virtù dei forti, dice un detto. Non lasciamoci trascinare da infinite polemiche, lamentele o risse: chi perde lucidità fa il gioco dei poteri forti. Anzi, proprio in tempi come questi occorrono umanità, comprensione, pazienza, tatto e savoir faire. Insomma, ci vuole Garbo.


Ed eccolo qui. Garbo, in arte Renato Abate, poeta iconoclasta e grande innovatore, con poche, accurate parole riassume perfettamente il mondo in una canzone.

Una birra, fumo, musica
E dopo tu
Soltanto questo muro
non ha freddo qui
qui
A Berlino che giorno è?
A Berlino che giorno è?
A Berlino che giorno è?
Se poi la nebbia entra anche dai vetri
A Berlino non penso mai
Sì, si può vivere
Non sogno mai
A Berlino che giorno è?
Guardo le strade, non so
che giorno è?
Sigarette, la mia radio
E ancora tu
Noi e questo dubbio, una stanza in tre
Che giorno è?
A Berlino che giorno è?
A Berlino che giorno è?
Se poi di notte guardiamo le vetrine
A Berlino non penso mai
Si, si può vivere
Non sogno mai
A Berlino che giorno è?
Sì, si può vivere
Un giorno in più


Una struggente ballata dell'uomo comune, dell'uomo di oggi. Travolto dalla crisi, non se ne cura. Chi di noi si cura di quanto i governanti tramano nelle stanze del potere? Pochi o nessuno, non prendiamoci in giro. Se così non fosse, non avremmo governanti che tramano. Garbo è abile nel trasfigurare l'Uomo sino a renderlo un'ombra, un'invisibile di sclaviana memoria (anzi, memoriE), un burattino: si osservi l'acuta dispositio lessicale dei primi due versi: Una birra, fumo, musica/ e DOPO tu. L'Uomo viene dopo. Il vizio è più importante. Quale vizio? Beh, tre di essi sono elencati; manca il quarto, il più ovvio, ma lo troviamo nei versi successivi, quando la passione carnale ha raggiunto livelli tali che soltanto questo muro/ non ha freddo qui.
"Qui" dove? Come sottolineato anche dalla ripetizione-a-capo*, siamo ad uno snodo fondamentale. È evidente che "Berlino" sia un riferimento, piuttosto vago, alla Germania. Probabilmente Garbo intendeva riferirsi a Francoforte, sede della BCE, ma ha scelto la capitale per ovvi motivi di comprensione; ricordiamoci che egli si rivolge (e, con un'operazione mimetica, si identifica nel) al volgo, all'homo comunens, il quale ignora che la sarabanda del potere si sia trasferito sulle rive del Meno. A tal proposito, c'é chi afferma che questa canzone sia stata scritta nel 1981, ma appare chiaro come tale voce sia, anche in questo caso, un'ovvia operazione di marketing: l'homo comunens ragiona ancora per blocchi contrapposti, occorre servirgli guerra fredda, comunismo e anni '80, altrimenti non capisce.

D'altronde, come può capire se nemmeno ha voglia di capire? A Berlino non penso mai, dice Garbo. Non ci pensa perché non vuole pensarci, è già difficile vivere secondo i ritmi imposti dalla società. Una vita è possibile averla ("Sì, si può vivere"), a patto che non si rifletta, che ci si concentri sulle cose concrete, i problemi quotidiani, la burocrazia, i late late show (ecco perché l'Uomo "non sogna mai", ove "sogna" sta per "dorme"). Sì, si può vivere, ma da automa, facendosi scivolare addosso, una dopo l'altra, giornate tutte uguali. E allora a Berlino che giorno è? È un giorno come un altro: c'é da fare la spesa, registrare I Simpson, andare al lavoro e bere qualche bicchierino giù al bar prima di andare a non-sognare.

In questa visione straniante della Vita, il vizio ha un ruolo fondamentale, quasi da educatore. È il vizio, in quanto virtuale "premio" di fine giornata, a fornire un pretesto per continuare a campare, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Garbo ben lo sa, e pertanto lo sottolinea una seconda volta. Stavolta la scelta ricade su sigarette e radio; di nuovo musica e fumo, già incontrati nel primo verso, ma caricati, ora, di significati diversi: se prima il "fumo" stava palesemente per "stupefacenti", le "sigarette" ora rappresentano un vizio ormai accettato dalla società.
Idem per la "musica": l'underground di certo no, ma la radio è presente in tutte le case. Garbo parrebbe dunque aver abdicato del tutto al conformismo (a confermarlo, il suo sguardo perso nel vuoto). Eppure, proprio in quanto disponibili a chiunque, grandi e piccini, cotali vizi sono ancor più pericolosi, a maggior ragione se incoraggiati dai governanti. Ed allora non appare fuorviante il nuovo riferimento al sesso, ormai sdoganato in tutte le sue forme e contorsioni, ravvisabile nella stanza in tre e nel costante dubbio che perplime un essere umano oggi decisamente confuso, per quel che concerne la sfera sessuale. Anzi, per quel che concerne l'intera sfera del sociale, giacché è inutile pensare, progettare il futuro, uscire con amici e partner, se poi di notte guardiamo le vetrine, perdipiù di negozi in cui, visti i prezzi, non metteremo mai piede.

È allora davvero destinato alla sconfitta il cittadino italo-europeo? Garbo pare non avere risposta: guardo le strade, non so/ che giorno è? è la domanda che pone al centro del suo componimento, fulcro di tutta la riflessione.
Se guardiamo le strade, vediamo gente che compra, che spende, che cambia telefonino più di quanto si cambi le mutande, che, pur non lavorando, compra libri e fumetti in quantità non disprezzabili. La domanda sorge dunque spontanea: ci sarà davvero questa crisi?

Inano cercar risposta. Quel poco che noi cittadini comuni possiamo fare, oltre a non votare i governanti, è vivere senza sognare, e campare un altro giorno. È pur sempre un giorno in più. Accontentiamoci, e ripartiamo assieme all'economia.

Con la nostra camminata da burattino, splendidamente simulata da Garbo - profeta dell'avvenire - nell'intramontabile videoclip.




*in questa occasione il Garbo si produce in una vera e propria giostra di retorica, mixa a-capo con ripetizione, shakera con un enjambement nascosto e sforna una sineddoche che è un'ultrasema (il sema di un sema di un sema).

lunedì 8 agosto 2011

CHE FÉ JOSÉ? (sul motivo di Caffé Kosé)




C'é José Altafini, che ha lasciato delle tracce nella Storia dell'Uomo, ma quella più indelebile è il cucujanji, per cui...

C'é José Angel, che è un punto interrogativo vivente...

C'é José Carioca, che da bimbo amavo, ma che non frequento da anni...


Chi non c'é è José Saramago. E' morto, la vecchiaia se l'é portato via, e per la vecchiaia non c'é Binetti che tenga, prima o poi hai da morì. Se volessi essere retorico, potrei dire che tuttosommato José c'é ancora, che vive tramite i suoi scritti. Non è così: sono gli scritti a vivere, e di lui trattengono solo immagini impresse, come fotografie. Lui in quanto lui è proprio morto, non c'é più. Lo so per certo perché si sente, che non c'é più. Lui era uno che a 86-87 anni, con un Nobel e una luminosa carriera sul groppone, apriva i blog e cominciava a rompere le palle a tutto e tutti. Non gli piaceva niente, a José Saramago, c'aveva da ridire su tutto. E faceva bene, perché alla fine aveva ragione praticamente sempre. Sebbene io non fossi (e non sia) d'accordo su tutto quel che scriveva in quel quasi-anno blogghereccio, aveva proprio ragione. E' un dato di fatto, non una mia opinione. La mia opinione è quella di Umberto Eco: era simpatico, tutto qua. Era simpatico come può esserlo un Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento, che poi era quello che faceva col suo blog. Che poi è quello che piacerebbe fare a me. Ma io a 20 anni non ne ero in grado, a 23 sono pure peggiorato. Lui, a 86, sì. Voglio dire, a quell'età - se mai ci arriverò - io sarò completamente rincretinito dall'alzheimer, dalla tv e dai fumetti.
È anche per questo che mi piacerebbe che in quell'universo parallelo, quello in cui lui è vivo e io sono più sveglio, lui continuasse a rompere le palle al mondo col blog, e io lì a commentarlo, a imitarlo e a sostituirlo dopo la sua ultracentenaria dipartita (anche in quell'U.P. la Binetti sarebbe sconfitta) fino a 86-87 anni, quando, completamente rincretinito da sessant'anni di blog, lascerei la valle di lacrime consapevole che nulla sarebbe cambiato. Però mi sarei divertito.

E vabbé, ci tocca stare in questo, di universo. Cioé, MI tocca, José se n'é ito.
José, sei ancora utile, te decidi a tornà? Cùsa l'é che te fé, lì dove te sei, tûto il santo giorno?

martedì 28 giugno 2011

Certezze. (ovvero: Quando dico sì è sì)

-Ah, sì?-
-Eh, sì.-
-Sì sì o sì... sì?-
-Sì sì.-
-...-
-...-
-Sì sì.-
-Sì sì, sì.-
-...-
-...-
-...Sì, eh?-
-Sì, eh eh!-
-Eeehhsì....-
-Eh, sì è sì.-
-Sì sì!-
-Sì sì!-
-...-
-...-
-...allora sì?-
-Sì.-
-...-
-...-
-...ma anche no.-
-Naaa!-

domenica 26 giugno 2011

Il Grande Nulla

Sono le 22:37 di una domenica non afosa, deppiù. E' la mia annuale settimana della vita solitaria, in cui vivo da solo e mi preparo per il futuro: cucino cose precotte, ozio, ingrasso, ogni tanto leggo qualcosa e mi preoccupo per il futuro miserabile che mi attende.
Quello che state leggendo (debbo fingere che qualcuno lo legga, altrimenti mi va a ramengo la sospensione d'incredulità) dovrebbe essere il primo post del nuovo corso di questo blog. Invece non ho la più pallida idea di cosa scrivere. Considerando che fino a un annetto orsono ero una miniera d'inventiva e creatività (mal realizzata, ma una miniera mal sfruttata sempre miniera rimane), direi che effettivamente di nuovo corso si può parlare.
Allora che fa il bravo blogger quando non sa che scrivere? Scrive cose che tutti sanno; oppure scrive cose scritte poco tempo prima da qualcun altro; o ancora, scrive cose che non importano a nessuno; infine, se è davvero bravo, scrive un articolo-inchiesta su uno dei tanti mali della nostra società.
Sono forse io un bravo blogger? Ovvio che no. Dunque parlerò del niente.
Sul Sollazzo, recentemente, qualcuno (che poi sarei io, non lo dico ché voglio essere sgamato da Belpietro) ha ricordato che il noto autore Tiziano Sclavi, geniale scardinatore di generi, una volta disse che è impossibile fare un romanzo a fumetti, perché si finisce sempre per raccontare una storia. Una considerazione poco concreta, giacché il romanzo è per definizione narrativo, e una narrazione è il racconto di una storia. Tiziano Sclavi, prima in alcuni Dylan Dog, poi nel romanzo epiditticamente intitolato Non è successo niente, ha provato a smontare il costrutto romanziero, cercando di raccontare il niente. Ebbene, non v'é riuscito: persino in Non è successo niente succede qualcosa.
Fuori alcuni fuochi d'artificio infuocano artificiosamente il cielo. Licia Colò intervista Renzo Arbore, in attesa che inizi il film L'albero della vita, che c'é Wolverine che viaggia nel tempo per salvare Rachel Weisz.
Hanno ragione i due (Colò e Arbore): nel nostro secolo il vero lusso è il tempo. E sì, è una vergogna che Bologna, Modena e Parma siano poco conosciute dagli italiani (io le ho visitate tutte e tre e me ne vanto). Ma si sa, RaiTre è l'unica voce libera della Rai.

E niente, mi fermo qui. Avrei voluto fare un post sul Nulla, ma mi è uscito un post da bravo blogger. E non sono neanche giornalista.
A' Sclà, è dura eh, ma io non mi arrendo facilmente.

mercoledì 22 giugno 2011

Allons-y!

Tattattàtaratattattàtaratattattàtaratattatarataratattattà...

Le generazioni vecchie e meno vecchie aiutino quelle giovani, auspica il nostro Presidente. Ma gli auspici del Presidente, si sa, cadono sempre nel vuoto. E poi le vecchie generazioni, si sa, mica la mollano la poltrona. Il vecchio ritorna sempre, perché funziona sempre, e alla fine piace anche ai giovani.
Ad esempio, a me, ventitreenne senza futuro, ultimamente sta venendo sempre più voglia di Tex e Zagor, letture tipiche di chi ha finito di vivere e si prepara alla pensione.

Per non contraddire il signor Presidente, concilio vecchio e nuovo: riesumo il blog dalla tomba ove ormai ero certo avrebbe giaciuto per i prossimi decenni, e lo coloro con un fronte(o)spizio nuovo fiammante, dallo stile dinamico e fresco, frutto del sapiente gioco di chiariscuri (ai ggiofani non può non piacere Miller) del sottoscritto e della sua biro, di colore nero.

Chi più adatto di me, un classico esempio di giovane vecchio?
Dopotutto,a 23 anni, io ho due sogni nel cassetto: a) rigenerarmi e divenire il 14°Dottore; b) fare il politico e rigenerarmi.
L'importante è che mi rigenero. Proviamoci: allons-y!

mercoledì 13 aprile 2011

Paradiso, stazione di Paradiso

È notizia dell'altroieri: Trenitalia, dopo decenni, abolisce le classi. Basta col marxismo ferroviario: da oggi i viaggiatori che prediligeranno il treno saranno tutti uguali, senza distinzione di ceto, sesso ed età. L'unico, inevitabile, discrimine sarà il prezzo del biglietto, com'é d'uopo in ogni Paese che civile vuol definirsi.
Basta con treni con carrozze semivuote destinate ad altoborghesi e managers rampanti e carrozze-bestiame con sottoproletari, piccoloborghesi, anticonformisti e suore (immancabili) stipati come sardine, con il vagone-ristorante (carrozza 5) a dividere razzisticamente persone da persone.
È una grande pensata, quella di Moretti (cognome che, dopo averci fornito birre "coi baffi" - nettamente migliori delle analoghe camicie - e film socialmente impegnati, si conferma come uno dei più intraprendenti della nostra penisola) ed a elencarcene i motivi è nientemeno che Gianluca Grignani.




Un viaggio ha senso solo senza ritorno
se non in volo
senza fermate nè confini
solo orizzonti neanche troppo lontani

In questo girotondo d'anime
chi si volta è perso e resta qua
io so per certo amico
mi son voltato anch'io
e per raggiungerti ho dovuto correre
ma più mi guardo in giro e vedo che,
c'è un mondo che va avanti anche se
se tu non ci sei più
se tu non ci sei più

e dimmi perché
in questo girotondo d' anime non c'è
un posto per scrollarsi via di dosso
quello che ci è stato detto
e quello che ormai si sa
e allora sai che c'è

c'è che c'è, c'è che prendo un treno
che va a paradiso città
e vi saluto a tutti e salto su
prendo il treno e non ci penso più

un viaggio ha senso solo senza ritorno
se non in volo
senza fermate nè confini
solo orizzonti neanche troppo lontani
io mi prenderò il mio posto
e tu seduta lì al mio fianco
mi dirai destinazione paradiso
paradiso città.


Gianluca Grignani non ha peli sulla lingua, altrimenti avrebbe problemi a parlare. Invece, egli dice immediatamente come stanno le cose: i treni, così come sono, fanno schifo. Un viaggio - dice Grignani - ha senso solo senza ritorno se non in volo, perché, dopo questo terribile viaggio di andata, fra finestrini che non si aprono, ritardi, bagni sporchi, sedili scomodi, per il ritorno prediligerò l'aereo. E che, sono scemo? suggerisce, non troppo velatamente, il cantante.
E subito descrive un ipotetico viaggio su rotaia di un gruppo di amici (potremmo essere noi, potreste essere voi), i quali, chi fermatosi a gozzovigliare al bar della stazione, chi svegliatosi tardi, prendono il treno all'ultimo secondo, e debbono così percorrerlo tutto sino alla carrozza da loro prenotata (di norma, se si sale in testa al treno, essa si trova in coda, e viceversa).
Gli sventurati, appena saliti a bordo della carrozza, rimangono travolti dal girotondo d'anime che, senza pace, si dannano per sistemare il bagaglio prima che lo faccia l'altro, o per sedersi a fianco del parente, per raggiungere quanto prima il bagno o per decidere chi, fra i due passeggeri a cui è stato erroneamente prenotato lo stesso posto, potrà bearsi della conquista. In questo vorticare, chi si volta è perso e resta qua, e passerà le seguenti ore in piedi dinanzi alle porte, fra un fumatore e un annoiato che fa avanti e indietro dalla carrozza-ristorante (carrozza 5). I nostri eroi provano a raggiungere il malcapitato correndo, ma non c'é più, trascinato a forza dalla famigliola con sette valigie a carico e quattro figli di età compresa fra i sei mesi e i cinque anni che urlano e piangono vibrosamente.
E così, fra una sfoltita e l'altra, il gruppo si disperde per i vagoni, e ai superstiti, pressati fra un passeggero e l'altro, non rimane che lasciarsi andare all'abitudine tutta italica di chiedersi il perché di tutto ciò. Si comincia da non c'é un posto per scrollarsi via di dosso quel signore un po' sovrappeso?, e si prosegue con lamentele assortite, sino a rinfacciare quello che ci è stato detto (ovvero che con la privatizzazione il servizio sarebbe migliorato) e a ricordare quello che si sa (ovvero che quando c'era Lui i treni partivano in orario). Una discesa (morale) verso gli inferi, che Grignani non può sopportare.
Eccolo, dunque, prendere una salomonica decisione. Sai che c'é? - domanda retoricamente - io prendo il treno che va a paradiso città, prendo il treno e non ci penso più. Mi prenderò il mio posto, e tu seduta lì al mio fianco. Con Trenitalia è possibile, dice Grignani. Grazie a loro non devo più affrontare problemi come quelli descritti prima. Le vecchie ideologie sono morte, ci racconta, ora l'unica differenza è il prezzo del biglietto: pago un po' di più, e viaggio da Dio.
E gli altri? Beh, come dico sempre, un viaggio ha senso solo senza ritorno se non il volo...


ndr: un ringraziamento particolare a Trenitalia, senza il quale questo post non avrebbe avuto motivo d'esistere.

venerdì 25 marzo 2011

Mah, guarda, onestamente non lo so, ora ci penso su un momento...

Qualche giorno fa, il mio amico Luttazzi4ever ha elencato dieci motivi per cui vale la pena - secondo lui - vivere.

Oggi vado a donare il sangue (vado a piedi, per arrivare all'ospedale devo scalare una salita interminabile e più ripida della media, essendo l'ospedale collocato nella "parte alta" della città); mentre cammino ho un calo di pressione e mi si annebbia la vista; ho una specie di crampo alla gamba; arrivo appena dieci minuti dopo l'apertura (in anticipo rispetto alle precedenti volte) e trovo 25 persone già in fila (più delle precedenti volte); durante l'attesa mi muovo di continuo (sono incapace di stare fermo per più di cinque minuti consecutivi) e vengo guardato male ripetutamente; il medico mi misura la pressione e non mi dice com'é (le precedenti volte mi è stato detto, l'ultima volta era alta); quando tocca a me (n.25, si parte da 0) il numerino salta al 26 e vengo chiamato a voce intorno al 28; durante la donazione, mi duole leggermente il braccio (ago un po' storto); per pronta risposta l'infermiera mi fascia il braccio (?!) e poi lo fascia a tutti i malcapitati che avevano terminato la donazione in quel momento (i quali mi guardano storto); esco e, nel dirigermi al bar (ai donatori spetta una colazione gratis), mi scontro per quattro volte con la stessa persona (a cui era stata fasciato il braccio poco prima, ndr); il cassiere sbaglia a digitare; chiedo la brioche e non vengo udito (al mio posto viene servito un altro); chiedo un caffé e mi viene dato un cappuccino, e anziché ribattere, sorrido e dico "non importa": una ragazza mi guarda con compassione; esco dall'ospedale e una signora mi guarda storto (motivazione ignota); anziché riposarmi come dovrei, vado a comprare "rat-man" ma non ce l'ha nessuno e devo girare mezza città, poi lo trovo all'edicola vicino casa; manca la segnalazione, quindi passo su un marciapiede chiuso al pubblico e vengo rimproverato; tornato a casa, ho un alluce che mi fa vedere le stelle; videoregistro l'ultima puntata di "doctor who" con David Tennant (che ovviamente avevo scoperto da poco e che mi piaceva tanto) e mi spoilero il finale; ho intenzione di farmi due toast e mi viene imposto di mangiare carne e verdura "perché ho donato il sangue e sono debole"; non digerisco il pranzo: mal di testa, mal di denti e paralisi cervicale; leggo il "rat-man" di cui sopra e mi piace ma non mi entusiasma; perdo la replica della puntata di Lost di ieri di cui volevo rivedere il finale commovente perché mi soffermo su "Everwood" (senza audio).

Ok, le ultime righe non sono tragedie immani (la puntata di ieri di Lost l'ho vista ieri). Ok, il mal di testa/denti/collo passa grazie a San VivinCì. E sì, io sono un lagnone di natura.
Però, insomma, a dieci motivi io mi sa che non ci arrivo.

martedì 8 marzo 2011

NO, DONNA, NON PIANGERE. ALMENO PER OGGI LASCIACI GUARDARE LA PARTITA IN SANTA PACE



8 Marzo, Festa o Ricorrenza della Donna. Creatura istintiva e dalla personalità spesso sfuggente, da cent'anni la donna è solita (auto?)celebrarsi, dedicando una giornata ai mille problemi che è costretta ad affrontare nell'apparentemente immobile società contemporanea.
Sessista o doverosa che sia, trattasi comunque di tradizione, sicché la si festeggia volentieri. D'altro canto, proprio di questi tempi, fra un rigurgito di femminismo d'antan e l'altro, il ruolo dell'ex-sesso debole (se realmente è "ex") è risultato alquanto ridimensionato, pur tenendo in dovuta considerazione la funzione manipolatrice dei media. Fatto sta che, fra le tante, c'é chi propone un'interpretazione più drastica del consueto, riguardo a questa particolare giornata. Noi, come al solito, riteniamo che al mondo rimanga ben poco da interpretare, giacché, qualunque sia il tema del dibattito, c'é sempre stato qualcuno che, in passato, ha già tirato le fila del discorso, e meglio.

No, woman, no cry;
No, woman, no cry;
No, woman, no cry;
No, woman, no cry.

'Cause - 'cause - 'cause I remember when a we used to sit
In a government yard in Trenchtown,
Oba - obaserving the 'ypocrites - yeah! -
Mingle with the good people we meet, yeah!
Good friends we have, oh, good friends we have lost
Along the way, yeah!
In this great future, you can't forget your past;
So dry your tears, I seh. Yeah!

No, woman, no cry;
No, woman, no cry. Eh, yeah!
A little darlin', don't shed no tears:
No, woman, no cry. Eh!

Said - said - said I remember when we used to sit
In the government yard in Trenchtown, yeah!
And then Georgie would make the fire lights,
I seh, logwood burnin' through the nights, yeah!
Then we would cook cornmeal porridge, say,
Of which I'll share with you, yeah!
My feet is my only carriage
And so I've got to push on through.
Oh, while I'm gone,
Everything's gonna be all right!
Everything's gonna be all right!
Everything's gonna be all right, yeah!
Everything's gonna be all right!
Everything's gonna be all right-a!
Everything's gonna be all right!
Everything's gonna be all right, yeah!
Everything's gonna be all right!

So no, woman, no cry;
No, woman, no cry.
I seh, O little - O little darlin', don't shed no tears;
No, woman, no cry, eh.

No, woman - no, woman - no, woman, no cry;
No, woman, no cry.
One more time I got to say:
O little - little darlin', please don't shed no tears;
No, woman, no cry.

Bob Marley canta con voce felpata, che se non è caratteristica esattamente femminile, si può ricondurre in qualche modo all'ambiente LGBT; l'omaggio all'altra metà del cielo, da un punto di vista maschile, parte dalle fondamenta della costruzione musicale, per poi propagarsi, come si vedrà, sino alle vette dell'iconoclastia veterosuffragettista.



Trad.:
No, donna, non piangere (x4)

Perché, perché, perché ricordo quando sedevamo
nel municipio di Trenchtown
osservando gli ipocriti - yeah! -
mescolarsi alle brave persone che incontravamo, yeah!
Buoni amici, oh, buoni amici che abbiamo perduto
lungo la strada, yeah!
In questo grande futuro, non puoi dimenticare il passato;
asciugati le lacrime, io dico. Yeah!

No, donna, non piangere
No, donna, non piangere. Eh, yeah!
Piccola stella, non versare nessuna lacrima;
no, donna, non piangere. Eh, yeah!

Ho detto, ho detto, ho detto che mi ricordo quando sedevamo
nel municipio di Trenchtown, yeah!
E allora Georgie avrebbe acceso il fuoco,
ho detto, la legna avrebbe bruciato nella notte, yeah!
Quindi avremmo cucinato un porridge d'avena e carne, di',
il quale avrei diviso con te, yeah!
I miei piedi sono il mio unico mezzo di trasporto
e così devo schiacciare il cammino
Oh, mentre sarò andato,
tutto andrà bene!
tutto andrà bene!
tutto andrà bene, yeah!
tutto andrà bene!
tutto andrà bene-a!
tutto andrà bene!
tutto andrà bene, yeah!
tutto andrà bene!

Per cui no, donna, non piangere;
no, donna, non piangere.
Ho detto - o piccola, o piccola stella, non versare altre lacrime;
no, donna, non piangere.

no, donna, no, donna, no, donna, non piangere;
no, donna, non piangere.
Te lo devo dire un'altra volta:
o piccola - o piccola stella, sei pregata di non versare altre lacrime;
no, donna, non piangere.


Bob Marley, homo sensibilis e homo ragionevolis al contempo (insomma, un Uomo Vero), sa che la risoluzione dell'annosa questione fra uomini e donne non è in mano a Maria de Filippi, come parrebbe da recenti analisi, bensì potrà cessare di esistere se e solo se (e quando e soltanto quando) i due sessi riconosceranno i propri ruoli assegnati loro da Madre Natura, rispettando al tempo stesso chi a quei ruoli ne opporrà altri. La vera parità dei sessi, insomma, non sta nel propagandare l'entrata in vigore del reato di stalking (che poco aggiunge a quanto già esisteva) bensì nel ricercare una vera e propria parità 'mentale' e 'cognitiva', riconoscendo le reciproche differenze e uguaglianze. Questa non si otterrà contrapponendo alla propaganda una propaganda uguale e contraria, bensì agendo in prima persona. Lamentarsi può andar bene per un po', ma ad un certo punto bisogna passare ai fatti.
Ecco perché Marley pone subito l'accento sulla necessità di non piangere più: perché piangere è sfogarsi, e durante lo sfogo la razionalità viene relegata sullo sfondo, precludendosi un agire coordinato e quanto più fruttuoso possibile. Inoltre - inutile negarlo - dopo un po' stufa. Marley sa che il rischio che al pianto subentri la rabbia è più che concreto, e a quel punto non gli resta che intimare alla sventurata di smetterla: no, donna, non piangere, le ripete per ben quattro volte. Il sostantivo donna, astuto e lapidario, denota uno smarcarsi: il maschio, infatti, non perde tempo a frignare, quello che vuole se lo prende.

Un fruitore disattento potrebbe pensare che Marley abbia utilizzato un tono esagerato; e, in effetti, non è bene consolare chi soffre con golpe emotivi e parole particolarmente dure. Al fruitore di cui sopra, però, basterebbe proseguire la fruizione per un'altra riga, per notare come Marley cerchi immediatamente, come si è soliti dire al giorno d'oggi, di stemperare i toni.
Egli rammenta un episodio lieto, sereno, riconducibile ad un tempo apparentemente privo di problemi. Il tempo in cui sedevamo nel municipio di Trenchtown è il tempo delle passioni perdute, un'oasi di felicità nel deserto dell'insofferenza, direbbe qualcuno. È un tempo, purtroppo per loro, cristallizzato, fermo nelle sue false certezze, ed in cui, ad onor del vero, già appaiono segnali di corruzione: gli ipocriti che Marley e la donna osservano mescersi alle brave persone, amici ormai perduti, sono proprio coloro che, di lì a poco, avrebbero preso il sopravvento delle sfere d'influenza del globo terracqueo. Il tono è tornato a farsi cupo.

È tornato a farsi cupo, minaccioso, ed è proprio qui che emerge la profonda asincronia fra uomo e donna: se lui ha comunque il coraggio (e ce ne vuole parecchio) di considerare grande il futuro che li attende, e riesce a non lasciarsi sottomettere dalle avversità (lo yeah! ripetuto a ritmi alternati sprigiona una forte valenza catartica), lei non trova altra soluzione che il ricominciare a piangere.
Il cantante, fortunatamente, denota grande pazienza, ed è un pizzico di romanticismo quello che traspare dal piccola stella (nell'originale a little darling). Nomignoli e romanticismo tout court di cui, si sa, le donne vanno matte, almeno per i primi cinque minuti, poi subentra la noia. Come che sia, non importa: la reazione positiva della ragazza al dolce appellativo è un trampolino di lancio per Marley, che coglie l'occasione per uno dei suoi tipici trip.
Ecco allora che, d'improvviso, la storia cambia; l'attenzione, non più rivolta agli "ipocriti" e alla gente che viene e va senza soluzione di continuità, si concentra sui protagonisti, capaci, con un semplice porridge, di dimenticare i problemi della vita, ma lo smarrimento della memoria, stavolta, non è aggiramento bensì soluzione dei problemi.
Così, mentre nel mondo cosiddetto esterno le disparità la fanno da padrone, nel piccolo municipio uomini e donne condividono pacificamente cibo e amore (rispettivamente l'avena e la carne). Si può solo immaginare cosa sarebbe successo se quanto accaduto a Trenchtown fosse accaduto anche nei tanti altri "municipi" che costellano da sempre il nostro pianeta: chissà, oltre alla storia, forse sarebbe cambiata anche la Storia. Ma è solo un'ipotesi.

La lezione di Bob Marley è chiara: darsi da fare, ognuno con il proprio ruolo. Solo così è possibile cambiare le cose. Chi vuole strafare strafà. Il nostro unico mezzo di trasporto sono i piedi ed è necessario schiacciare il cammino: è dura, ma non importa: se si agirà in questo modo, tutto andrà bene.


Ma la donna, è noto, è mammifero testardo, anche più del corrispettivo maschile. Ed alla fine dell'estasiatico flashsideway (il quale, ancora una volta, ci dimostra l'aspetto precognitivo dell'archetipo della 'visione stupefacente', e non ci si faccia menzionare Philip Dick) la donna, evidentemente non paga, si produce in salate lacrimazioni. A Marley, sconsolato e francamente stizzito dalla di lei ottusità, non resta che bacchettare l'amica, ché lui ci ha messo tutta la buona volontà, ma poi, a un certo punto, uno si stufa pure di ripetere le stesse cose, se uno vuole capire capisce, eh che diavolo.

Insomma, se nel 1974 Bob Marley auspicava la distruzione del "municipio", fortino femminista, con conseguente presa di coscienza dei moderati, oggi, che senza polemiche 'muro contro muro' (Brizzi, 2010) pare non potersi vivere, l'appello del cantante giamaicano rischia di cadere nel vuoto. Rischio tanto più concreto, quanto più le icone pop continueranno ad essere svuotate dei propri significati originari.

venerdì 4 febbraio 2011

Ma sì, va', tutto sommato è per te! (una dedica al mio blog)

È per te che sono persi gli anni
ed ignoro l'università
è per te che ti ho creato a giugno
è per te che non vado più in città
è per te che sono stanchi i miei
e mi chiamano 'sòla'
è per te il 16 di giugno
è per te dovrò tornare a scuola
è per te, ma lo sai che c'é? fa la ninna il mio cervell...

è per te che spesso piove a giugno
e per te non capisco più gli umani
è per te che non ho una tresca
sicché poi scodinzolo com'i cani
è per te che non avrò mai moglie
né parole nelle nuvole
è per te il succo del mio fiele
è per te che ho tutte 'ste fregole
è per te, ma lo sai che c'é? fa la ninna il mio cervell...

è per te il profumo delle ascelle
è per te la vita mia tapina
è per te che non faccio centro
le otto di mattina
è per te la voce da bambino
la penna da cretino
è per te una maglietta a righe
(giusto quella mi posso aspettar)
è per te, ma lo sai che c'é? fa la ninna il mio cervell...

è per te il dubbio e l'incertezza
la sforzo e l'incoscienza
è per te che abbondo con il sale
è per te ogni giorno sempre uguale
è per te, ma lo sai che c'é? fa la ninna il mio cervell...


NdA: ci scuseranno i jovanotti per siffatto inno alla vecchiaia, garantiamo di esserci basati solo su dati indiscutibili (fra i quali il testo di angolotesti.it)

sabato 1 gennaio 2011

Il primo post della nuova decade!

Eh, già, la decade 2001-2010, la prima del nuovo millennio, è finita. Sigh sigh, sob sob, meno male, evviva. Considerando che nei primi mesi del 2001 andavo ancora in terza media, il che significa che pensavo ancora che il mondo fosse bello e che tutti in fondo fossero buoni, l'evento si fa in parte epocale. Una ) che si chiude. (aperta parentesi e chiusa parentesi).
Cosa mi ha lasciato questa decade? Mah: i fumetti Bonelli, i fumetti non Bonelli, Lost, questo blog, gli amici "virtuali", il mio primo (e al 99,99% unico) amore, la mia prima (al 99,99% di una lunga serie) depressione, la consapevolezza di aver perso una marea di danaro, la consapevolezza di essere sfigato in amore, nel gioco e pure in salute, la consapevolezza di non essere più un ragazzino e di non essere più libero di fare quel che mi pare. Ah, e poi un cellulare che legge i pdf, così - come se non bastasse - i fumetti li leggo pure lì. Qualcosa di buono, dunque, c'é.

Già, chi l'avrebbe mai detto? L'anno più brutto della mia vita (forse peggiore persino del lugubre 2003) si è concluso abbastanza serenamente e con parecchie risate. Già, chi l'avrebbe mai detto? Il merito è del mio sgangherato parentame. Al diavolo gli anticonformismi a tutti i costi: evviva le cene coi parenti (quelli più stretti), evviva l'abbacchio, il vino, la tombola, le carte, il solito albero di Natale con le solite luci, evviva i numeri natalizi di Topolino con le storie con la neve e Babbo Natale in tutte le salse, i film sentimentali con la neve e Babbo Natale e le persone che si innamorano, evviva gli zii, i "nipotini" piccoli, i cugini e le cugine (uniche donne che posso permettermi di toccare senza rischiare denunzie). Evviva quel calore famigliare, che sarà pure finto (durante il resto dell'anno non ci si vede e ci si sente pochissimo, del resto ognuno ha la sua vita) ma ho solo loro, e ne avevo proprio bisogno. Non si può stare soli anche a Natale.
A capodanno sì, me ne importa poco (e poi ci sono abituato); ma quei cinque-sei giorni di conformismo e isolamento dal mondo...aah, che pace.

In virtù di queste sconvolgenti rivelazioni, non farò propositi per l'anno nuovo. Sono sempre gli stessi, chi vuole si cerchi i post degli ultimi due capodanni (capidanni? capidanno?). Tanto, come diceva il sommo Leo, "avevo anche promesso che avrei rimesso a posto la stanza". (Curiosità vuole che sia l'unica cosa che realmente faccio di continuo, da buon massaio).

Cosa ho imparato nel 2010? Che, dopo vent'anni, mi piace la pancetta nella pasta; che - incredibile a dirsi - le Poste non sono così nefande come si racconta; che collezionare è bello, ma snervante; che ho i "nipotini" piccoli, quindi sono vecchio; che -senza retorica - c'é davvero tanta gente che non è felice, ma coglie il buono di quel che la vita le offre, e così dovrei fare pur'io; che adoro Lost anche con le repliche, e che guardarle sul cellulare prima di dormire mi avvicina all'orgasmo (quindi con la fine non ha perso nulla); che la Disney Italia è in netta ripresa, e che ancora mi piace leggere Topolino (con la giusta dose di esigenza); che non sarò mai un adulto, ma sempre un 'bambino vecchio'; che, di conseguenza, non avrò mai la ragazza; che non me ne frega niente di avere la ragazza per forza, voglio solo essere amato; che, dopo questa frase, anche l'ultimo lettore, se ancora ce n'era uno, scapperà da questo blog; che non sarò mai amato; che sono troppo onesto per fare il politico; che sono disonesto perché scarico le cose da internet; che sono grasso e vorrei dimagrire, ma continuando a mangiare quello che voglio; che l'unico effetto che mi provoca il fumo è un dolore alla nuca; che non mi ubriaco ma, al massimo, troppo alcool mi fa venire l'abbiocco; che dormo a comando, come i cani; che, quando dono il sangue, vengo sempre rimproverato di non curarmi abbastanza, come si fa coi bambini; che sono un bambino cane, rompiscatole e rabbioso oppure docile e mansueto, a comando; che odio stare solo, ma se sto solo sono a mio agio, e se sto in compagnia prima che mi sciolgo la compagnia mi ha già scaricato; che alla fine è sempre bene perdonare, eccezion fatta se la persona da perdonare è chi scrive; che il signor Bonaventura è un personaggio ancora modernissimo, e che mi diverte moltissimo parodiarlo (anche se nessuno apprezza); che penso di sapere troppo; che penso di non sapere nulla; che penso troppo; che ho perso troppo, in particolare oggi; che i soldi, il lavoro, la casa, il mutuo, ecc. non danno la felicità, ma mi sa che prima o poi mi toccherà andare in quella direzione; che non so se questo blog arriverà a festeggiare un altro capodanno. Nel dubbio, buon 2011 a tutti.