lunedì 31 maggio 2010

Il numero duecento! (tutto a colori)

Oggi non avevo la più pallida idea di cosa scrivere (di solito non ho idee lo stesso, ma almeno sono abbronzate), quando, per una di quelle curiose coincidenze che, come dei fili sottilissimi, guidano la nostra esistenza, sotto il rigido sguardo delle moire orfei, pronte a reciderli quando meno ce l'aspettiamo, insomma (mi fermo che tanto il periodo ha perso il suo senso logico), stavo lì che mi grattav... ehm, che rimuginavo, quando mi accorgo che questo post è il post numero duecento pubblicato su questa specie di blog.
Il Numero Duecento!! Numero magico, numero rotondo, numero a tre cifre (ma più grande del Cento), causa, in molti, di triscaidecafobia (a patto di sottrargli centottantasette)!
E pensare che, quando iniziai a tenere il blog (o chi per esso), non immaginavo certo che un giorno avrei festeggiato questo ampio traguardo. Eh, ero giovane e sbarbatello, allora. Oggi sono giovane, ma solo per l'anagrafe, e ho la barba, da bravo finto intellettuale. Detto ciò, grazie a tutti coloro che, in questi duecento post, ci hanno sostenuto (me e il blog). Duecento di questi post.

Come festeggeremo? Boh, io sono asociale, non sono pratico. Diciamo che l'inaspettato traguardo mi ha suggerito diverse riflessioni che potrete leggere di seguito. Sono molto importanti per la continuity. E poi, come da tradizione, abbiamo il tutto-a-colori... 'nsomma, questo passa in convento. Ma si dia inizio alle danze.

Riflessione Uno. Che gusto c'è a possedere un giornale se non ci si parla un po' addosso? (cit.) Chiedere a Feltri. Fatelo voi, che a me viene voglia di malmenarlo ogni qualsivoglia volta lo vedo. Comunque, quando iniziai il blog, nell'ormai remota estate del 2008, lo feci non tanto perchè avessi chissà cosa da scrivere; non tanto perchè annoiato e poco voglioso di studiare; non tanto perchè, al giorno d'oggi, se non hai un soscial netuò:k non sei nessuno; quanto, piuttosto, perchè, come già avevo fatto in altre occasioni, copiai spudoratamente gli amici Luttazzi4ever e DjJurgen (nei link trovate il loro Bloggo degli Sgrittori). Perchè li copio in continuazione? E perchè essi non mi querelano o mi diffidano dall'imitarli? Alla seconda domanda si può rispondere facilmente: perchè non hanno mica il brevetto del blog. E poi sono brave persone, hanno la pazienza di Giobbe, loro (io gliela restituii subito). Rispondere alla prima domanda è più complesso e richiede un atto di fede: dovete sapere che le idee circolano nell'aria e, gira gira, sono sempre le stesse: quello fa l'i-pod, quell'altro fa uscire subito l'i-pad, quell'altro ancora l'i-ped destr, l'i-ped sinistr, l'i-man destr, l'i-man sinistr, e così via; lo saprete anche voi. Ora aspettiamo l'i-rett (detto famigliarmente l'i-prot). Battute (orride) a parte, il punto è che le idee che hanno quei due loschi individui le ho anch'io. Solo che loro ci credono e le sfruttano. Io, che non ho nemmeno un'autostima, ma le faccio prendere il tram, no. Sicché vengo sempre anticipato sul tempo. Per cui, non mi resta che copiare: del resto, da piccolo ho visto tutti i film dei Vanzina, qualcosa m'è rimasto.

Riflessione Due. Quando si fanno post di questo tipo, scrivere sempre tutti i numeri per esteso, anziché in cifra. Aiuta ad allungare il brodo. Quindi, non "200", ma duecento. "E se devo scrivere" - potreste ribattere - "chiama il 118, che un tizio è stato investito?". In quel caso dovrete essere fortunati che ci sia qualcuno che sappia scrivere (non è cosa così scontata, oggigiorno; questo blog lo comprova). Poi, francamente, fareste meglio a chiamarlo voi, che prima che qualcuno tiri fuori il cellulare o smetta di fare le foto l'infelice è bello che schiattato. Nel caso, astenetevi.

Riflessione Tre. Io e la redazione (La Redazione è il nome che ho dato alla mia lampada da tavolo, la quale, contrariamente a quanto sareste portati a pensare ad un'occhiata superficiale, non svolge la funzione tipica per oggetti del medesimo tipo, ossia fare luce, ma un compito altrettanto importante: arreda la scrivania. Anche perchè in questo istante ci sono trenta gradi e un sole che spacca le pietre e non mi va di elargire denaro superfluo all'Enel) sappiamo bene che, da qualche tempo a questa parte, il nostro blog dal nome ballerino (tanto che stiamo pensando di chiamarlo Giuda) non fa più ridere come una volta. Però, però. Prima che annuiate, rifletteteci bene: avete mai terminato la lettura di un nostro post ilari e spossati dalle risate o, perlomeno, completamente soddisfatti? Pertanto, vi chiediamo solo un po' di pazienza. Potevamo chiederla ad Andrea, ma è morto. Mica è colpa nostra, non guardateci così. Su, cominciate a prepararla.

Riflessione Quattro. Ultimamente stiamo assistendo ad una strage di Grandi Personaggi. Sanguineti, Arnold, Dennis Hopper, i tizi delle ong filo-palestinesi, la Giustizia in Italia, i pesci del Golfo del Messico... noi, nel nostro piccolo, continuiamo ad esserci. Lo promettiamo. Ora scusateci, andiamo a mollare gli ormeggi.

Riflessione Cinque. Avevo in mente diverse riflessioni, mentre scrivevo me le sono dimenticate tutte. Patient. Che, se non erro, vuol dire "malato". Uhm. Che caso.
Ammettiamolo, i post celebrativi non li legge nessuno. Ma a me piacciono. Perchè si fa il punto sul passato, e conoscere il passato aiuta a comprendere il futuro che ci attende. Ecco, la morale l'ho fatta, allora sapete che vi dico? Farò il punto sul passato.

.
passato


Ecco qua. Come sarà il futuro? Che ne so, ho detto che aiuta a comprenderlo, non a prevederlo.
Attenderemo: nel frattempo, duecento di questi post, blog !!!

mercoledì 26 maggio 2010

Name:Marco. Surname:Ndiro. State:active.

Oh che bel castello marcondiro ndiro ndà
oh che bel castello marcondiro ndiro ndà

Marco Ndiro, chi era costui?
Egli, esteta, profeta dell'apparire, è consapevole che l'innocenza è cosa per bambini.
Il castello, dall'alto dei suoi mille e mille anni di sangue e morte, di potere e ricchezza, osserva quel gruppo di amici. Solo Marco Ndiro, però, sente martellare nella sua testa il richiamo di quel cuore pulsante di malvagità.

Il mio è ancora più bello marcondiro ndiro ndello
il mio è ancora più bello marcondiro ndiro ndà

I suoi compagni giocano con la fantasia, voli pindarici fanciulleschi. E' il gioco dello sprezzo, della bugia detta per sembrare "più grande". Essi si rivolgono a colui che, taciturno, osserva lo spettacolo dallo sfondo, distaccato, freddo. Marco Ndiro disprezza quegli stupidi zotici; la sua mente è ormai perfettamente sincronizzata con quel battito nero proveniente dalle fondamenta del castello. Sogghigna, Marco Ndiro, e risponde all'invito:

E noi lo ruberemo marcondiro ndiro ndello
e noi lo ruberemo marcondiro ndiro ndà

Non più legato alle lezioni del curato dell'oratorio, fuori dalle convenzioni, Marco Ndiro sente ormai di essere passato al livello successivo. Marco Ndiro ha deciso che quel castello che contiene la fonte della sua evoluzione sarà la base della scala da cui partire per giungere, scalino dopo scalino, alla porta della Perfezione. Marco Ndiro vuole essere Dio. Tratto tipico dell'essere umano.

E noi lo rifaremo marcondiro ndiro ndello,
e noi lo rifaremo marcondiro ndiro ndà

E noi lo bruceremo marcondiro ndiro ndello
e noi lo bruceremo marcondiro ndiro ndà

E noi lo spegneremo marcondiro ndiro ndello
e noi lo spegneremo marcondiro ndiro ndà

Non gli è difficile far penetrare le proprie opinioni al pubblico che lo ascolta. Serafico, sorridente ma deciso, Marco Ndiro è sicuro di sé e trasmette questa sicurezza al suo uditorio. Il quale lo acclama, si mostra fedele e fa sua la voglia di rivalsa che guida Marco Ndiro.
Questi li tiene in pugno e può permettersi di calcare la mano, in un crescendo di furia distruttrice che, da che mondo è mondo, può sfogarsi solo in un modo.

Sparerem cannoni marcondiro ndiro ndello
Sparerem cannoni marcondiro ndiro ndà

Spareremo i razzi marcondiro ndiro ndello
Spareremo i razzi marcondiro ndiro ndà

E allora chi è Marco Ndiro? Marco Ndiro è tutti noi. Marco Ndiro è il cuore pulsante che spinge l'uomo a intraprendere missioni di pace con armi sempre più sofisticate, il politico a sorridere alla gente mentre i suoi scagnozzi limitano la libertà di stampa, l'azienda farmaceutica a non ritirare dal mercato il medicinale difettoso per non perdere investitori e investimenti, il pirata della strada a trangugiare alcolici su alcolici anche se conscio di dover mettersi alla guida, eccetera.
Marco Ndiro è il bambino che, divenuto consapevole, non canta più per il piacere del canto con gli amici, ma perché cantando riesce a trasmettere quello che vuole a chi vuole. E' il re che non vuole un castello da comandare, ma li vuole tutti. E soprattutto non vuole che qualcuno comandi il suo.
Allora chi è Marco Ndiro? E' un semplice, imperfetto, spesso patetico, ma mai inutile... essere umano.


Un grazie a Nonna Giuse per la gentile concessione.

domenica 23 maggio 2010

Pensierini stupendini, nascono un pochino strisciandino

Qualche pensierino sparso in libertà, ché tanto non mi legge più nessuno e posso dire quello che più mi aggrada.

Primo pensierino. Devo diventare cattivo. Tipo Marco Masini di qualche anno fa, per dire. Uno che non ha peli sulla lingua, e possibilmente nemmeno nel naso, che mi danno un fastidio, ma un fastidio...ma chi li ha inventati? 'Cci sua. Comunque, dicevo, devo diventare cattivo, ma non so bene come si fa: mi esprimo come un @%&!* di scaricatore di porto? Già lo faccio (vedi periodo addietro). Racconto balle, come quando dico di diventare brillo al terzo-quarto bicchiere di vino? Nah, è vero. Evito di innamorarmi e giudico le ragazze come oggetti sessuali non identificati? Smetto di considerare ogni persona presente sul globo terracqueo superiore a me e comincio a pensare un po' alla persona che ospita la mia essenza? Vado già a correre, che vuole di più... c'andasse lei. Insomma, non è così facile come si crede, rinnegare pure quei due o tre principi che ancora - non si sa come - si possiede. Vedremo.

Secondo pensierino. Lei mi manca da morire. 'Oddio riattacca un'altra volta con 'ste melensaggini da giovane Werther, che pizza, abbattetelo', penseranno gli eventuali individui che, sbagliando sito, capiteranno qui e leggeranno queste righe. Ma io devo diventare cattivo, ricordate? Per cui me ne frego altamente e mi lamento quanto mi pare e piace. Anche perché ieri sono convinto di averla vista, il che ha riattivato quella meninge avanzatami dalla carestia dell'89, sicché ho trascorso gli ultimi due giorni pensando continuamente a lei: ai bei momenti trascorsi insieme, a quelli meno belli, al brutto modo in cui la favola è finita e altre cose allegre di cotal tenore (Pavarotti, che è morto). Sì, lo so che devo andare avanti (dove non lo so, ma a destra c'ho la finestra, e la cosa mi inquieta sottilmente), lo so che ci sono altre ragazze al mondo, che si può vivere benissimo anche soli come i cani (in questo sono esperto, benché non abbia mai capito per quale motivo i cani debbano essere sempre considerati asociali, quando poi scondinzolano sempre e te la fanno sempre sulle scarpe nuove, dopo aver tentato di accoppiarsi col tuo femore), che al mondo c'è chi sta peggio di me (ma anche chi sta meglio, oserei dire), che quando c'era lui i treni partivano in orario, ma ora c'é uno uguale a lui e partono in ritardo lo stesso, potenza del progresso. Insomma, lo so. Però a me manca lei, e non la voglio dimenticare. Dato che non sono ancora cattivo, non lo faccio e continuo a tormentare me e chi mi legge.

Terzo pensierino. Inter #@$%!!

E con questo cattivissimo, anzi, perfido (nel senso che è rivolto a quell'asociale di Fido) pensierino, mi commiato dai miei ospiti. Schiacciate la freccia "sinistra" nella parte alta del vostro browser e ritroverete la pagina che avevate abbandonato e non avreste mai dovuto lasciare.

Un mesto finale.

Rilucente luce
che riluce, lucente.
Allucinata,
luccica, la
luce luccicante.
Allucinante: la luce
luccicosa, sbrilluccicante
di luci e lucchichii,
da lucette e lucernari,
con lucciole e fiat lux,
Luca e Lucia...


...spengono.

venerdì 21 maggio 2010

Dedicated to Uncle Edoardo by Max (DUEM)

Morto Sanguineti.
Chissene? -chiosano.
Fregancà. -stimano.
Pace e amen. -sentenziano.

Come la sera,
e il refe a l'ago,
oscura 'l sol,
e inforca l'ago (quello di prima),
tu te n'andasti
nel momento peggiore.

Vuoto, pallido, tenue,
ma soprattutto pallido
vuoto lasci. Come un ago
-il male-
senza refe.

DUEM

Fosti prolifico,
scrivesti una caterva.
(Permettimi una licenza,
per la dea Minerva).
Ma c'impiegasti pure ottant'anni,
ora non è che proprio, 'nsomma.

Però. (C'è un però).
Generazione mendace,
vuota, di valori glabra,
ma soprattutto pallida,
anche se tutti si fan la lampada,
come un refe
illuminato
con una lampada.
Essa (la generazione)
che farà? Rammenta
che è glabra di te.
Chissene? -chiosi.
Fregancà. -stimi.
Pace e amen. -sentenzi.

Il refe esce
silenzioso
dalla cruna dell'ago.


Nota dell'autore.
Dedico questi versi a colui di cui non ho mai letto niente, se non un pezzo di saggio, una volta, per un esame, ma che stimo e ho sempre stimato, in quanto, come già tanti altri della sua grandezza, se n'é andato senza che importasse qualcosa a chicchessia.
Nel mio piccolo, emulando il maestro Don Rosa, ho nascosto nella mia operetta la sigla DUEM. Chi la trova non vince nulla, ma dimostra di aver letto l'operetta e, di riflesso, si sarà ricordato del maestro Sanguineti. E avrò raggiunto il mio obbiettivo. Tié.

martedì 18 maggio 2010

Cos'ha ancora in serbo Enrico Ruggeri? Mistero.



Chiedete al primo passante che vi capita a tiro, ad un poliziotto che giocherella col manganello, ad un commerciante che cammina di corsa tutto sudato perché di lì a poco gli parte il treno, ad un bimbominkia qualsiasi, chiedete loro quale cantante ha segnato la storia della musica italiana (e non solo) degli ultimi cinque anni. Vedrete che tutti vi risponderanno: Enrico Ruggeri.
E sì, cari amici, non servono per forza le canzoni per essere grandi cantanti. Britney Spears cantava, forse? No, muoveva le chiappe e la lingua qua e là, eppure era una grande cantante. I Ricchi e Poveri, pure, cantano sempre e solo Sarà perché ti amo da centocinquant'anni, eppure sono grandi cantanti. Per cui, le canzoni sono secondarie. Detto questo, torniamo a noi.

Enrico Ruggeri è, fra tutti questi Grandi, è il più Grande di tutti. Perché Enrico Ruggeri, a parte l'essere un più che buono vocalizzatore, fa (ha fatto) a tutti noi il più grande dei regali: apre la mente; fa sognare.
Sentite questa:

La balalajka, la balalajka
Dentro alle case mutilate dalla faida
Ancora suona la balalajka
Lungo i giardini tra le croci e le moschee

Il fiume va piu' nero della sera
Oltre la torre e l'università
C'e' sopra il ponte una bandiera
Che sta sventolando ancora

Qui c'e' ancora la città
Qui c'e' la gente dentro al bar
Il cielo e' sopra la citta'
E ci nasconde, ci confonde e cambia
Qui c'e' tutta la citta'
La mia

E' primavera, e' primavera
Amore aspettami che c'e' una vita intera
C'e' ancora sole a primavera
Ti porto sopra alla collina e tu verrai
Sopra Dobrinja, dopo Nedzarici
Ci sono fiori dedicati a noi
Ho l'indirizzo degli amici
Li potrai vedere ancora

Qui c'e' ancora la citta'
Qui c'e' la gente dentro al bar
Il cielo e' sopra la citta'
E ci difende e sempre ci accompagna
Qui c'e' tutta la citta'
La mia

Oh balalajka, oh balalajka
Non c'e' piu' neve, brilla tutta la bascarsija
Ancora suona la balalajka
Il mio futuro voglio regalare a te
A te che sei la vita che volevo
Perche' la vita e' il sogno che farai
Sale la luna a Sarajevo
Che ci sta aspettando ancora

Qui c'e' ancora la citta'
Qui c'e' la gente dentro al bar
Il cielo e' sopra la citta'
E ci difende e sempre ci accompagna
Qui c'e' ancora la citta'
Qui c'e' la gente dentro al bar
Il cielo e' sopra la citta'
La mia

Il suono di una balalajka fende l'aria. Da dove arriva? Mistero. E il mistero, si sa, è il pane quotidiano del Ruggeri. Acqua, una fetta di formaggio e mistero. Una magica dieta, appresa da una sconosciuta tribù nelle limacciose acque dell'Olona, che gli permette, alla sua gagliarda età, di essere ancora il faro dell'immarcescibile Nazionale Cantanti (visto che le canzoni non servono?).
Siamo a Sarajevo. Il Ruggeri, alla ricerca del temibile wampyr wurdalak delle steppe, si aggira pei cimiteri, fra croci e moschee, fra case mutilate e sanguinose faide.
Come da consolidata tradizione bonelliana, v'é grande attenzione per paesaggi e ambienti. Si osservi la cruda descrizione, quasi giornalistica, della Sarajevo dei nostri giorni: la torre, l'università, la gente nei bar... e basta, alla fine le città sono tutte uguali... quelle cose le trovi anche a Forlì, insinua, con fare scientifico, il Ruggeri.
Il fiume, inquinatissimo, è nero come la sera. Il cielo, il quale si trova sopra la città (e tale puntigliosità evidenzia la lezione assorbita dal maestro Martin Mystère), ci confonde, ci nasconde. Che mai è successo? Perché cambia? Perché è arrivata la nube islandese, ovvio. Il Ruggeri, dalla dimensione del sogno, ci riporta drasticamente alla realtà.
Condizione necessaria e sufficiente per quanto arriva dopo. Il Ruggeri, difatti, sente incombere la minacciosa presenza del Maestro della Notte locale (ricordiamoci che sta per scendere la sera, nera come il fiume), pertanto deve convincere la compagna a lasciare al più presto l'amena località, onde evitare guai. Ruggeri ci dice: non affrontare il pericolo, se non sei pronto. Non sempre una ritirata è disonorevole.
Ed allora ecco le incessanti invocazioni, i disperati appelli, le 'captatio benevolentiae'. -Andiamo sulla collina, lì-, incita l'Enrico, che c'è già stato -ci sono fiori a noi dedicati. Lì ci sono i nostri amici, di cui conservo ancora l'indirizzo, e, se partiamo subito, potrai rivederli-. Già, perché se non partono sono spacciati.
Ma è palese: la geografia (sì precisa e documentata) si fa anche metafora: Dobrinja, Nedzarici, la collina sono solo nomi con cui indicare l'Eden primordiale, il Bene (DOBRInja, da dobre=buono,bravo in slavo; la collina che si eleva verso Dio), in cui riparare onde sfuggire il Male: la Città, il Progresso, il Consumismo, la Guerra (Sarajevo, tristemente nota per cose del genere) e chi più ne ha più ne metta. Banale? Retorico? Che importa: anche qui, come su Italia Uno, Enrico Ruggeri se la prende con l'establishment, con l'ipse dixit, e di questi tempi travagliati non può che essere un bene.
Ma l'establishment, quell'establishment, quello lì, sì, quello, non ama la gente che pensa con la propria testa. Enrico Ruggeri, simbolo di questa ribellione, va abbattuto. Ed è proprio questo il significato del mesto finale, del sacrificio che vede Enrico regalare il proprio futuro al wurdalak Degan, senza godere della vita che voleva.
Perché la vita è il sogno che farai. E ora che Ruggeri non è più sui nostri schermi, sognare sarà sempre più difficile.

La balalajka suona ancora, il circolo è chiuso.

sabato 8 maggio 2010

Uhm, dovevo studiare come un dannato...

...e, guardacaso, son finito tra gli ignavi.

domenica 2 maggio 2010

Perdita di fiato


















Questo famoso racconto di Edgar Allan Brod detto Max, uno dei miei preferiti, ha come protagonista il signor Maxbreathe (giogo di parole per "Massimo respiro"), il quale, in seguito ad alterne vicissitudini sentimentali, si è chiuso sempre più in sé stesso, fino a non rivolgere la parola a chicchessia, se non per dire cose ordinarie o poco interessanti (il sig. Maxbreathe, difatti, è convinto che prima possedesse un eloquio irresistibilmente denso di contenuti. Noi sappiamo che non era così). Passato, però, un certo numero di mesi, il sig.Maxbreathe si accorge di non essere più in grado di sostenere cotale situazione. Pur non avendo mai del tutto perso la sua verve ironica (spesso inacidita in un più congruo sarcasmo), l'unica sua distrazione, tra un mugugno e un altro, era stata quella di leggere romanzi ed assistere a spettacoli in forma privata, per poi commentare, insieme ad uno o due circoli non troppo estesi di appassionati veraci (come lo era lui), in 'fori' predisposti a tale uso, le incongruenze e/o le geniali trovate che quegli svaghi gli concedevano (in particolar modo, le dispense settimanali avevano su di lui un fascino morboso). Tuttavia, era perfettamente consapevole che la maggioranza degli individui che popolano la Terra non era avvezza a passatempi di quel genere, e ora si rendeva conto che era giunto il momento - pur senza rinunciare a letture, visioni e riflessioni, che il suo animo bisognava di novità, di ricominciare - per dirla in maniera brutale - a fare anche altro.
Sicché il Nostro riprende ad aggiornare il suo diario, si sforza di non bollare l'intero genere umano come negativo, ma la sua missione di updating (come la chiameremmo oggi) allarga le sue maglie anche al suo corpo fisico: pertanto, il sig. Maxbreathe opta per svolgere dell'attività sportiva.


Il si.Maxbreathe, ovviamente, non ha MAI svolto attività fisica secondo modalità precise e continuative, ma altresì rammenta di non essere MAI stato, nei tempi dell'innocenza, una nullità, anzi. Pur senza l'allenamento di cui altri elementi erano dotati, riusciva a non sfigurare del tutto.
Purtroppo (è chiaro l'intento ironico del Brod) il sig.Maxbreathe era stato costretto a cessare l'attività del suo corpo in favore di quella del suo intelletto, cresciuto a dismisura (sempre secondo sua convinzione) man mano che il primo si sviliva. Ma il sig.Maxbreathe è deciso: subdolamente fa sì che un suo vicino di casa lo inviti ad accompagnarlo nella sua minimaratona, e il giorno dopo tutto è pronto.


E' una domenica di inizio primavera, leggermente piovosa. Un 2 Maggio, se non erro. Il sig.Maxbreathe, dopo secoli di inattività, va a correre. Comincia lentamente, adagio, seguendo passo passo il suo ospite, da bravo bracchetto. Incredibilmente, le sue gambe reggono. Ma la gioia è effimera. Dopo qualche metrata, ecco la svolta: d'improvviso si accorge che non ha più il fiato. "Com'è possibile?" si domanda. "Ho percorso solo pochi metri". Eppure, nonostante i suoi arti inferiori si dimostrino migliori di quanto immaginasse, sebbene il Nostro riesca a proseguire nella sua impresa, dissimulando tranquillità col vicino, il fiato manca.

Un turbinio di allucinazioni comincia a percuotergli il cefalo: il povero sig.Maxbreathe, nella scomposta beatitudine della sua marcia trionfante, assiste alla sua morte, dovuta ad un improvviso colpo apoplettico sulla pista velocipedabile; osserva, sconsolato, un dimenticato funerale a cui non avrebbe mai voluto presenziare, ed alla sua sepoltura; infine, come un supplizio che pare non avere mai termine, sbigottisce dinanzi alla resurrezione del suo corpo mortale, condannato a correre quel selciato ab aeterno, al fianco di almeno mille maratoneti provetti (fra cui il suo accompagnatore), spartitisi il suo fiato.
Al ché il sig.Maxbreathe non rimane che la carta dello scherzo: "Potrebbe andare peggio di così?" "Beh, potrebbe piovere" si risponde. Uno scroscio improvviso lo annacqua.


Di soprassalto, il sig.Maxbreathe si scuote e parte al galoppo verso la sua magione. Non è stanco, ma non si capacita della sua perdita di fiato. Si reca, così, in alcuni luoghi, siti in cui consultare testi di sicura affidabilità. Ivi gli vengono poste alcune domande, a cui risponde convintamente. Questo test (chiamiamolo così) gli rivela il motivo della sua perdita di fiato: il sig.Maxbreathe ha un'età psicologica pari al doppio della sua età cronologica.
Colpo di scena: per il lettore (me per primo), una perdita di fiato.

sabato 1 maggio 2010

Interview to me. (che fa da riassunto delle puntate precedenti e, si spera, apre un nuovo inizio)

Intervistatore:Buongiorno, sig.Brody. Finalmente.

MaxBrody:Buongiorno.

Intervistatore:Sa che giorno è oggi?

MaxBrody:Oggi che scrivo o oggi nella finzione scenica?

Intervistatore:Nella finzione scenica.

MaxBrody:E' il primo Maggio. Duemilaedieci dopo Cristo, chiaro.

Intervistatore:Ancora utilizza l'apostrofo in luogo dell'accento? Ci credo che non è diventato uno scrittore.

MaxBrody:La tastiera del mio portatile è sprovvista di accenti per maiuscole, mica è colpa mia. Se mi svela un modo per riparare all'increscioso errore, gradisco.

I:Io? E' Lei il perito informatico.

MB:No, è l'informatico che è in me che è perito. Comunque, parla parla, ma anche Lei ha adoperato l'apostrofo in luogo dell'accento, vergogna.

I:Mmm... seguirà il concerto?

MB:(Svicola, eh?) Comunque... no.

I:Come mai?

MB:Ci sono sempre i soliti cantanti. Non è più come una volta.

I:Com'era una volta?

MB:Boh, non lo guardavo. Già allora c'erano sempre i soliti.

I:Lei ha un pregiudizio.

MB:Non è vero, è Lei che pensa male.

I:Ad Aprile non ha postato nemmeno un messaggio.

MB:Lo so, l'ho fatto apposta.

I:Cosa Le è successo?

MB:Come ho già dichiarato in altre sedi, sono stato depresso.

I:E adesso Le è passata?

MB:No. (Le risparmio la battuta sul pomodoro solo perchè è Lei).

I:Troppo buono. Posso chiederLe cosa ha provocato la sua depressione?

MB:Può chiederlo.

I:.......sì, ehm. Cosa ha provocato la sua depressione?

MB:Tante cose.

I:Motivi sentimentali?

MB:Perchè mi chiede cose che sa già?

I:Come mai è stato lasciato?

MB:Non sono stato lasciato, non eravamo fidanzati. (Né amanti, ahimé, ma questo al suo giornale non lo riferisca).

I:E cosa, di grazia?

MB:No, non di Grazia. Nemmeno di Letizia. Eravamo...amici..più o meno. Più perchè io l'amavo, meno perchè lei no. (Non amava me, intendo, ma forse nemmeno se stessa).

I:Però?

MB:E' l'albero delle peré! Eh! Eh!

I:Ora capisco perchè è stato scaricato.

MB:No, ma che domande fa? Se ci frequentavamo ancora non stavo depresso per cinque mesi, che dice?

I:In cosa crede di aver sbagliato?

MB:Ha presente la serie "The big bang theory", episodio 3x19, quando Leonard dice a Penny che la ama, e quella comincia a evitarlo come la peste? Ecco, anch'io, come Leonard, ho detto "ti amo" troppo presto. Mi sa.

I:Quando l'ha detto Lei era conscio di correre un po' troppo?

MB:Sì.

I:E allora perchè l'ha detto?

MB:Devo aspettare di andare in pensione per dire ad una persona quello che provo per lei?

I:No, in pensione no, non esageri. In motel ancora ancora, ma in pensione no.

MB:Battutona, complimenti. Quasi al livello delle mie.

I:Impossibile, ci vorrebbe un badile, per scavare.

MB:Questa me la cita dal 1° team-up fra Dylan Dog e Martin Mystère.

I:Ora ha capito perchè è stato mollato?

MB:In realtà, come Le ho detto, per lei non è mai scattata la scintilla.

I:Se ne farà una ragione, ora? O pensa di continuare a deprimersi in eterno?

MB:La seconda che ha detto.

I:Scusi se glielo dico, ma Lei non può continuare così. Deve ricominciare a vivere, uscire, aprirsi al mondo, conoscere nuova gente.

MB:Ne manca ancora una.

I:Ah, già, scusi. ...e vedrà che, prima o poi, incontrerà anche una ragazza disposta (Dio solo sa come) ad amarLa.

MB:Quando devi dire delle cose retoriche, te ne sfugge sempre una, chissà come mai.

I:Cosa ha fatto durante questi mesi? Il suo pubblico, i suoi amici sono preoccupati.

MB:Talmente preoccupati che, come vede dai numerosi commenti agli ultimi post, cercano di pensare ad altro per non dispiacersi troppo.

I:Luttazzi4ever è venuto a sincerarsi delle Sue condizioni.

MB:Sì, ma lui ha la ragazza.

I:Quindi?

MB:Sarà finito qui per sbaglio. Comunque lo ringrazio!

I:So che non è riuscito a laurearsi in tempo ed è andato fuori corso.

MB:Ma sì, mi umilii pubblicamente.

I:E' il mio lavoro. Come mai non ha studiato? Non poteva impegnarsi di più?

MB:Sono depresso, come sa. Ho perso stimolo ed entusiasmo praticamente per ogni cosa.

I:E come impiega le Sue giornate?

MB:Facendo il nerd su internet.

I:Complimenti.

MB:Grazie.

I:Ero ironico.

MB:Pure io.

I:Non poteva lavorare? Studiare? Lei è giovane, non può buttarsi così.

MB:No, quello stasera.

I:Ribadisco:la Sua amica non aveva tutti i torti ad abbandonarLa.

MB:L'altro giorno sono andato in banca a pagare una cosa. Tralascio la mezz'ora e più di fila (fare la coda, qualunque sia il luogo del misfatto, mi fa venire l'orticaria) per carità cristiana. Al mio turno, la cassiera mi apostrofa (testuali parole): "Come mai un ragazzo giovane come te non ha ancora il bancomat?"

I:Disdicevole.

MB:Lei sfotte, ma la questione è probante. Secondo quella perfida cassiera dallo sguardo luciferino e il sorrisetto mefistofelico e sadico al tempo stesso, io, poveraccio, povero disgraziato che a 22 anni non ha ancora il bancomat, sono additabile come un reietto, un deficiente qualsiasi.

I:Ma Lei E' un deficiente, mi consenta.

MB:Sì, ma per altri motivi! Non perchè sono "giovane" e, di riflesso, DEVO possedere un bancomat! Mi coglie il problema? "Giovane", oggigiorno, equivale a "fighetto che possiede il bancomat, si veste marchiato, si schianta con la macchina il sabato sera". C'è una omologazione nell'aria che non mi piace per nulla, e che si taglia con un grissino.

I:Quello è il tonno.

MB:Con il coltello, scusi. Però mi ha capito?

I:Sì, La capisco benissimo. Ma deve ammettere - ne convenga - che Lei si veste proprio male.

MB:Io mi vesto alla moda.

I:Sì, quella del '77.

MB:Sempre moda è. Al mio completo vintage "anarco-comunista-fancazzista" modello "anni di piombo", nella versione "quelli che però non vanno a manifestare", ci tengo. Guardi, mi son fatto anche crescere la barba.

I:Adesso pure comunista mi è diventato.

MB:Ma fancazzista. C'è una differenza.

I:Ma cosa vuoLe? Cambiare il mondo?

MB:Perchè no?

I:E pensa di cambiarlo facendo il nerd su internet?

MB:E' un modo come un altro. Almeno c'è la continuity.

I:Mi faccia un esempio di come lo sta cambiando.

MB:Scarico i telefilm. Prima non lo facevo.

I:Lo sa che è illegale?

MB:Sì, ma mica li spaccio, li tengo per me.

I:Non è una cosa comunista.

MB:Eh, ma io sono scissionista.

I:Deduco che Lei è a favore della libera circolazione della cultura.

MB:Esatto.

I:Se fosse un autore, scommetto che non lo sarebbe.

MB:Ma non sono un autore.

I:Non era il suo sogno diventarlo?

MB:I sogni muoiono all'alba.

I:Sono le tre del pomeriggio.

MB:Facciamo presto, allora, ho un funerale che mi aspetta.

I:Di chi?

MB:Il mio.

I:E' vero che Lei, da astemio, è divenuto un forte bevitore?

MB:Verissimo. Pensi che divento brillo solo al terzo bicchiere.

I:Non è che mi sta cadendo nel tunnel dell'alcol e della droga?

MB:Non credo. Non ho la patente.

I:Ancora no?

MB:Fosse solo quello. Pensi che non ho neppure il bancomat.

I:Pensa di farla prima di tirare le cuoia?

MB:Non saprei. Non sono un conciatore.

I:Scusi se glielo dico, ma Lei deve darsi una mossa.

MB:Le citerei Mimì Tirabusciò, ma so che alle ragazze non interesserebbe, per cui taccio.

I:No, ma davvero. Non può continuare così. The show must go on.

MB:Complimenti. Io in francese so dire solo "àn dè truà, catrsinkcomsìcomsà".

I:Che vuoLe, c'è chi è laureato allo Iulm e chi va fuori corso alla Statale.

MB:La Sua ironia è contagiosa, caro Lei.

I:Mi promette che ricomincerà a vivere?

MB:No.

I:Guardi che la Sua amica non cambierà idea, continuerà ad odiarLa. Inutile piangersi addosso.

MB:Lo so benissimo. Starò solo in eterno.

I:Con la peggiore compagnia che Le potesse capitare.

MB:Lei.

I:No, Lei stesso. Io me ne vado. Adieu!

MB:Comsìcomsà!