venerdì 25 giugno 2010

Una via di mezzo.



Essendo - almeno di sangue - per metà italiano e per metà slovacco, non potevo esimermi dal dire qualcosa in merito a quanto accaduto ieri. A prescindere dal fatto che Slovacchia-Italia è match raro, in campo sportivo, e che, vista la scarsa tradizione della prima delle due squadre nei Campionati del Mondo di calcio (è/era al debutto), la mia imparzialità è venuta meno, sento la necessità di sfogarmi un pochettino, in maniera più adeguata di quanto mi sia capitato ieri, benché temo che la cosa mi renderà vistosamente antipatico ad almeno mezza nazione. Prego chi leggerà queste righe di non biasimare il mio comportamento, ché, alla fine, sto solo aspettando che cominci Battlestar Galactica e se non impegno il mio tempo in qualcosa di poco utile non sono contento; e già che ci siete - se ci siete - perdonate anche il bizzarro avverbio diminutivo utilizzato qualche riga sopra (quello che pare l'allenatore dell'Espanyol).

Dunque, innanzitutto mi dispiace molto per i miei compatrioti a loro volta dispiaciuti per la misera eliminazione dell'Italia. Dopodiché, dato che tengo famiglia e che questa mi mantiene, preciso che la mia passione per il calcio è caduta nel 2006, l'anno degli scandali, e da allora è rimasta profondamente menomata. Che volete, ero un ragazzino: da adolescenti è facile dire "la Juve ruba" "il Milan ruba" etc, ma nessuno ci crede davvero. Ma se poi ti trovi davanti le prove che - aldilà delle singole squadre e dei personaggi coinvolti - il sistema è realmente maneggiato, qualcosa inevitabilmente si rompe. Taluni son riusciti a ricomporre la frattura, io no. Così va la vita.
Questo per dire che, da allora, il mio unico interesse nei confronti di questo sport è - almeno nelle poche partite che mi capita di seguire - trovare finalmente una squadra che, nell'ambito di una determinata partita, meriti totalmente la vittoria: senza ombre, senza dubbi, senza "eh, ma il rigore non c'era" "eh, ma quel gol era in fuorigioco", senza polemiche, con un gioco intelligente. Credo che sinora non mi sia mai capitato, anche se alcune volte ci è mancato poco.
Sì, ma cosa vuol dire "gioco intelligente"? Facile a dirsi, a parole. Beh, può voler dire molte cose. Un gioco "equilibrato", capace di adattarsi all'avversario; per capirci, è inutile (per me, sia chiaro) fare mille giocate spettacolari se gli altri schierano la difesa a sei, così come è deleterio (e irritante, perlomeno per il sottoscritto) sfoderare il solito catenaccio-palla lunga-e-pedalare, se chi hai di fronte ti dribbla ad ogni contrasto e pare Pelé.
Tale atteggiamento distaccato mi ha portato a vivere con maggiore tranquillità i singoli match, evitando tutte le sterili polemiche... anzi, no, mi correggo: delle sane polemiche, intese come pacifiche discussioni ogni tanto fanno anche bene; purtroppo, però, qui da noi (indico sia il nostro Paese, che il mio paese) più che discussioni vanno di moda le esasperazioni, le invidie, le incazzature, gli insulti, gli sfottò (fatti, però, con livore) [e, ogni tanto, capita anche a me di cadere nella trappola, ma questa - come sono bravo a svicolare - è un'altra storia].
Dicevo, se da un lato posso permettermi un atteggiamento più rilassato nei confronti di questo sport e, in particolare, del suo aspetto massmediatico, dall'altro registro un calo di "sentimento". Non so come spiegarlo adeguatamente: una volta tifavo sfegatamente per la Roma, ora mi sento solo un simpatizzante. Stessa cosa per gli azzurri (e per la Slovacchia, ovviamente, ma il problema mi si pone solo ora che ha una qualche visibilità). Non riesco ad affezionarmi. Uno può anche non amare particolarmente quel tale giocatore o quel talaltro allenatore, ma, come si dice, "siamo tutti sulla stessa barca e dovremmo remare dalla stessa parte". Io faccio fatica (dal 2006). Posso applicare lo stesso principio - anzi, secondo me dovrebbe essere una specie di obbligo - per la politica, in ambito sociale, riesco ad applicarlo perfino in altri sport (non tutti: per nuoto e ciclismo nutro sempre dubbi, e la pallavolo la detesto irrazionalmente a causa di certi "traumi"). Con il calcio no.
Sarò pure un sottomesso, ma questa cosa mi fa sempre venire i sensi di colpa (benché mi senta a posto con la mia coscienza) nei confronti di altre persone, che - chi velatamente chi sfacciatamente - mi accusano di 'tifare contro' apposta, quasi provassi un piacere perverso nel comportarmi come un leghista. Ma la differenza è sostanziale: il leghista è contento se l'Italia perde perché è razzista e lo dice con disprezzo; io no. Io tiferei volentieri l'Italia, se meritasse in tutto e per tutto la vittoria, sia sul piano del gioco sia su quello etico. In ambedue, contemporaneamente, sia chiaro. Altrimenti può pure vincere tutte le partite da qui al 2050, e sarei contento per coloro cui la cosa portasse genuinamente gioia, ma non perché "sono italiano, l'Italia ha vinto, quindi devo essere felice". Anche perché italiano lo sono al 100% solo per l'anagrafe.
Detto questo, cosa dire della partita di ieri che non sia già stato detto? Niente, sostanzialmente. L'Italia esce meritatamente, con mio piacere dovuto al fatto che un'eventuale passaggio del turno avrebbe equivalso ad un'ingiustizia. Ora si potrà fare repulisti, anche se la speranza non è poi così tanta.
Per quanto riguarda la Slovacchia, beh, la mini-impresa è stata fatta. Già lo era stato qualificarsi, perciò ogni buon risultato è oro colato. La squadra è quello che è, un'onesta squadra che un po' se la tira, s'affloscia al primo gol subito e fa la leziosa quando non dovrebbe. Non credo farà passi avanti, però, insomma, tutto sommato va bene così.

lunedì 21 giugno 2010

Vi presento Max Brody

Di solito - penso, io, ingenuo sempliciotto - le lettere di presentazione sono scritte da qualcuno che ha una buona opinione della persona da scrutinare, o al più finge di averla, ma, in ogni caso, questo tipo di missiva viene scritto da qualcun'altro. Invece il sottoscritto si trova, non si sa bene come, nella condizione di doverne scrivere una autoreferenziale, perché - da quel che sembra - il curriculum da solo non basta per dare opinione di sé.
Come forse saprete, non ho una buona opinione di me, ma ho finto di averla e ho cercato di essere il più obbiettivo possibile. Ecco il risultato.

Gent. spett. *datore di lavoro*,

vi scrivo di me in terza persona, come già fece Giulio Cesare. Già da questo appunto potete notare come il candidato Max Brody sia persona dotata di enorme cultura e frizzante ironia. Sì, certo, potreste obbiettare, visionando il curriculum vitae allegato a questa mia, che il ragazzo non brilli particolarmente per risultati scolastici ed esperienze affini che, anzi, sono stati e continuano ad essere piuttosto mediocri. Potreste essere portati a pensare che Max sia un ragazzo svogliato, pigro sino all'inverosimile, apatico, che preferisce rimandare a dopodomani quello che avrebbe potuto fare l'altroieri. Potreste pensarlo, e avreste ragione. Ma commettereste una parziale ingiustizia, non concedendo al mio assistito le attenuanti del caso. Si dà il caso (del quale vi chiedo le attenuanti di cui sopra), infatti, che Max Brody sia un cosiddetto free spirit, spirito libero, che rifugge con orrore l'establishment, l'ipse dixit, sempre irrequieto, sempre in cerca di qualcosa in grado di stimolare la sua indaffarata mente. Molti, in quella massa di piccole vicende che è la Storia, sono gli esempi di grandi personalità che spiccano per le medesime ragioni: si pensi a Galileo Galilei, che ha lottato sino allo strenuo delle forze per non rinunciare alle proprie idee; a Ugo Foscolo, fiero difensore degli ideali risorgimentali; ad Albert Einstein, il quale, pur avendo timore delle conseguenze che ne sarebbero potute scaturire, non ha rinunziato a riscrivere la storia della fisica (e, di riflesso, della religione). E la lista potrebbe continuare: Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Martin Luther King jr, il Mahatma Gandhi, Walt Disney ed altri ancora.
Chiaramente, e Vi prego di credermi sulla parola, Max non osa affatto paragonarsi alle personalità succitate, ed, anzi, ritiene che nessuno sia degno di elogi, eccezion fatta per Voi e il Vostro gruppo, sì portatori di speranza nel grigio mondo in cui viviamo. Conoscendolo personalmente (il che rappresenta sì un onere, ma anche un discreto onore), posso garantirvi che Max Brody è un giovane riservato, ma all'occorrenza energico e grintoso; umile, quasi sottomesso, se necessario leccapiedi, ma se necessario, altrimenti ragiona sempre con la propria testa; ambizioso, ma non troppo; generoso, ma con ben presente il valore del danaro. Sempre disponibile nei confronti di chi è ben disposto nei suoi confronti, e poco socievole con chi non se lo fila, Max Brody rappresenta, per un Gruppo moderno e aperto alle novità come il Vostro, l'acquisto ideale, in grado di soddisfare, con il proprio dualismo interno, tutte le sfaccettature che l'intricato mercato del lavoro offre quotidianamente, e di affrontare con raziocinio e quel pizzico d'incoscienza immancabile in età giovanile le insidie di tutti i giorni.
Pertanto, con questa mia Vi chiedo, Vi supplico e Vi scongiuro di prendere in particolare considerazione la candidatura n°******* intestata a Brody Max.

Distinti ed encomievoli saluti,
il sottoscritto

venerdì 18 giugno 2010

Il bello del calcio.



A parte le stravaganze del Commissario Tecnico della nazionale argentina, la prima settimana del Mondiale sudafricano - caratterizzata da un'estrema noia - ha fornito un solo valido elemento per il quale è valsa la pena stare incollati davanti al televisore: Beppe Dossena.

Sì, perché questo ex-calciatore, ex-allenatore, ex-tante altre cose è una delle rare persone, oggigiorno, capaci di sapersi guadagnare stima e apprezzamento a priori.
Beppe Dossena conosce la materia di cui disquisisce: recita a menadito vita, morte e miracoli di ogni calciatore che solca i campi che è chiamato ad osservare, e anche di quelli che li hanno solcati in passato e che li solcheranno in futuro; mette in continuity le partite più disparate, con una fitta rete di rimandi incrociati che solo i cultori più appassionati riescono a seguire; sa distinguere, basandosi sul più puro e semplice intuito, se un calciatore ha subito realmente un fallo (in tal caso, effettua immediatamente una diagnosi approfondita) o se sta semplicemente rotolandosi a terra (e allora, con dolce fermezza, lo bacchetterà); in caso di fuorigioco dubbio, non tenta di ricostruire goffamente lo svolgersi dei fatti come un Pistocchi qualsiasi, ma si limita prosaicamente ad affidarsi al replay e solo dopo proclama, sommesso, quasi si trattasse di una boutade, la propria sentenza (e se sbaglia, chiede subitamente scusa, non solo all'arbitro, ma anche al giocatore coinvolto, al telecronista che lo affianca e ai telespettatori tutti).
Beppe Dossena, vero e proprio globetrotter, è un profondo conoscitore delle culture altrui. Pertanto, non si ferma mai alle apparenze e rispetta tutti, a prescindere. Sicché, se si trova a dover commentare una partita nella quale è impegnata la nazionale nord-coreana - tutti conosciamo la controversa situazione politica di quella regione - il Dossena, se da un lato esalta le qualità patriottiche dei vari giocatori, a volte ripetendosi, ma è per ribadire il concetto e provare (anche se sa che è impresa vana) ad inculcarlo nei suoi compatrioti stravaccati sul divano; dall'altro lato non si schiera apertamente e non dà mai valutazioni politiche, convinto che solo la diplomazia possa unire i cittadini del mondo in quell'abbraccio fraterno di cui hanno tanto bisogno.
È fatto così, Beppe Dossena. Prova a fare il superficiale, il simpaticone dalla parlata meneghina, ma non riesce a nascondere la sua infinita bontà. Inflessibile nei giudizi, pronto a rimproverare severamente chi sbaglia e, perché no, anche duro con gli imbroglioni, il suo cuore é però sempre aperto a tutti. Le sue ormai classiche battute possiedono la magia degli antichi motti, capaci di sciogliere le tensioni più vivide in calorose e pacificatorie risate.
Beppe Dossena, con la sua fronte larga tipica delle menti fervidi, prende la vita per quello che viene, godendosi ciò che ha e desiderando, ma non sgomitando per averlo, quello che ritiene gli manchi. Beppe Dossena ride, scherza, sa che il divertimento interiore viene prima di ogni altra cosa: per lui l'importante non è vincere, ma partecipare.
Ama il bel calcio, ma non è un esteta. Apprezza le astuzie tattiche e le giocate intelligenti, ma aborre il difensivismo sfrenato. È un adepto del calcio totale, ma non proprio totale, ecco: Beppe Dossena invita alla moderazione, nel calcio come in altre attività. È una moderazione apolitica e non religiosa, si badi bene. Per Beppe Dossena religione e politica sono termini con un significato ben preciso, che intende superare, trascendere. La sua moderazione stessa è una moderazione che prevede un forte attacco, ma solo se necessario alla propria difesa o allo spettacolo degli spettatori paganti. Non sempre, per costruire un'azione, deve valere il Rasoio di Occam. Ma a volte sì. È la debolezza e al tempo stesso la forza di Beppe Dossena, questo suo voler accontentare tutti. Sa bene che non può riuscirci, e ne soffre. Fosse per lui, vincerebbero tutti; solo che non si può, perché ci sono delle regole; e le regole, ci insegna, vanno rispettate.

Se Marino Bartoletti incarna il cinismo e la sagacia dell'uomo moderno e Gian Piero Gasperini il genitore apprensivo che teme soprattutto per la salute dei propri cari (e degli altri poco se ne cale), Beppe Dossena rappresenta, all'interno della Trinità Rai, lo "Spirito Santo", l'ideale a cui Padre-Gasperini e Figlio smarrito-Bartoletti tendono, o, meglio, dovrebbero tendere.
Ma, come si sa, a furia di tendere troppo il filo si spezza. E allora, forse, è meglio così: di Beppe Dossena ce n'é uno solo. Se fossimo tutti come lui, al mondo non ci sarebbero più conflitti, né incomprensioni. E alla lunga, forse, ci annoieremmo.
Moderazione ci vuole, moderazione. Diamogli retta, a Beppe Dossena.

martedì 15 giugno 2010

Il plot non c'é, è andato via, il plot non è più cosa mia... (una grande esclusiva: Il Battaglione 14 , un racconto senza trama!)

Il Battaglione 14 era lì, nel deserto infuocato, che attendeva. Deserto dei Tartari? No, del Fuoco. In Sudamerica c'é un posto chiamato Terrao do o'Focolao, Terra del Fuoco. Il sergente Marinelli, assai puntiglioso, prima di allora era stato solito precisarlo ai suoi sottoposti.
Il cielo era plumbeo e terso al tempo stesso. Un pane azzimo cadde nella sabbia rovente. Nessuno si accontente. Anzi, una bestemmia intrisa di cattiveria s'innalzò al cielo plumbeo ma un po' meno terso di prima. Johnny fumò. L'acqua è salata, proferì una voce sommessa. Chissà se Samantha avrebbe atteso l'amato o l'avrebbe cornificato alla prima occasione? Sole cocente. "Per me si va nell'etterno dolore", diceva il Poeta. La Terra del Fuoco ricopre un'area pari a 73753 km², è diviso tra l'Argentina ed il Cile ed è composto, oltre che dall'isola principale (denominata anche Isla Grande), da alcune isole minori, per lo più in territorio cileno. Diceva l'enciclopedia.
-Soldato Campaesòn, perché si tocca la fronte?
-No xo perché, ma mi son spuntati due bernoccolini, comandante!
-Eh, lo so io, lo so.- Risate generali. -Sto scherzando, soldato. Avrà sbattuto la testa contro un albatro(s).- Annuite generali.
-Ahah! Ochéi, grasie comandante. - Un albatro(s) barcolla, goffo.
Il Battaglione 14 era lì, nel deserto infuocato, che attendeva. Deserto dei Tartari? Aridagli, questa è un'altra storia, lo volete capì?




Questo straordinario esempio di narrativa postmoderna e preantica vi è stata offerta da:

Quando al fin di un giorno gioioso
La tristezza risorge nel cuor
Cerca ognuno il saché prodigioso
E ammenda con grande livor
D'onde vien questa vongola verace
Niuna crisi finisce davver
Forse al mondo ritorna la pace... no, credete, è un motivo più ver:
Se d'affanni, i vecchi ottantenni, non pronunzian più novella
che ciascun è morto cheto e la vita omai ha snella
Se ragione misteriosa a patir ciascuno appella
Questa è l'ora che lo impari: questa è ora che ti spari

CAMPA

(con la minima... se ci riesci)

martedì 8 giugno 2010

Senso contrario! ovvero La Difficile Arte del Trasumanar


















La notizia rimbalza come una pallina da 'tennis tavolo' (ping pong pare una scimmia) su tutte le principali testate giornalistiche e non: pare proprio che - ebbene sì - gli occhi "seguano" i sogni durante la fase REM.
Prendiamone una a caso, di testata (La Stampa):

Esistono molte teorie sul perché durante la fase Rem del sonno gli occhi si muovano, secondo un recente studio pubblicato dalla rivista Brain la spiegazione è semplice: l’occhio “guarda” le scene dei sogni, e le segue come se fossero vere.

I ricercatori dell’ospedale Pitiè-Salpetriere di Parigi sono giunti a questa conclusione studiando dei pazienti affetti da un particolare disordine del sonno Rem, che durante questa fase non avevano la temporanea paralisi che si ha normalmente, ma mimavano con il corpo i gesti fatti nel sogno.

«Questa patologia è una vera e propria finestra sui sogni - spiega Isabelle Arnulf, uno degli autori, al sito di Scientific American - se questi soggetti sognano di calciare, saltare, colpire qualcosa automaticamente il loro corpo lo fa. È come avere i sottotitoli».

Avete presente quelli che sognano di fare all'amour e baciano il cuscino? Ecco, siamo lì.
Ma lasciamo proseguire l'articolista senza nome:


Cinquantasei soggetti affetti dal disturbo e 17 persone sane sono state monitorate durante il sonno, con i movimenti oculari registrati attraverso degli elettrodi e i comportamenti monitorati con delle telecamere. Dopo ave visto che gli occhi si muovono allo stesso modo nei due gruppi, i ricercatori hanno confrontato i movimenti oculari con quelli corporei dei soggetti malati, verificando che nel 90% dei casi corrispondono: un soggetto che sognava di baciare una donna alla sua sinistra guardava effettivamente da quella parte, ad esempio, e uno che sognava di scalare una montagna muoveva gli occhi su e giù per verificare a che punto era.

L’idea spiega l’articolo, è venuta ai ricercatori guardando il video di un ex fumatore che sognava di fumare una sigaretta con movimenti del tutto simili a quelli veri.

Ora, il mio commento a tutto ciò è: capirai che scoperta. Io "vivo" i miei sogni praticamente da quando sono nato. Non che amoreggi col cuscino (ehm...) durante le mie oniriche acrobazie a luci rosse, per carità, ma i miei sogni (anche quelli, numerosi, ad occhi aperti) sono quasi sempre dotati di "consistenza" (se di "consistenza" si può parlare, difatti ci ho messo le virgolette, altrimenti non ce le mettevo) e spesso mi ritrovo a comportarmi come quell'ex fumatore, al quale, peraltro, va tutta la mia solidarietà, vista la condizione a cui si è ridotto.
Non mi sta bene, però, che la sig.na Arnulf, con aria di sufficienza (massimo massimo di buono --, toh), vada in giro a dire che noi che sogniamo come si deve siamo casi patologici, che lo può dire a sua sorella, che nemanco mi conosce, eh vedi un po' te, che roba.



Cmq (= comunque - ounue) perché vi narro tutto questo popò di scienza? Perché mi serviva un labile collegamento per la scioccante rivelazione che sto per fare al mondo.
Oggi, in data 8 Giugno 2010, il sottoscritto ha, per la prima volta da che è venuto al mondo (lo stesso a cui ora fa la rivelazione), perso i sensi. (Sia pure per qualche secondo).


I miei detrattori apostroferanno: "massaiquantocenefregaanoi?"; ebbene, sappiate che perdere i sensi è un'esperienza sì dolorosa ma estremamente affascinante. Quando è passata. (A proposito: ringrazio il malcapitato tizio del locale greco che mi ha fornito l'acqua: senza di te ora non sarei qui. - O forse ci sarei ancora, ma fa più scena se dico così)
Per quale motivo? Perché perdere i sensi significa staccarsi dalla vita terrena e trascendere lo spazio e il tempo. Tipo che tu svieni per due secondi, poi guardi l'orologio ed è passata mezz'ora e devi pedalare tutto sudato per scofanarti la pita gyros prima che si raffreddi.
In secundis, quando si è sul punto di perdere i sensi si fanno tanti pensieri, per cui, più tardi, puoi riflettere sulle persone e sulle cose alle quali rivolto l'ultimo pensiero prima di staccarti dalla vita terrena e trascendere ecc.ecc. e così riempirci un post.


Ed ecco il labile collegamento con la notizia di cui sopra. Mentre mi trovavo seduto su quello sgabello, e vedevo il succitato tizio muovere le labbra, ma non udivo niente, tanto che pareva che gli effetti dell'atomica fatta esplodere da Juliet fossero giunti sin qui dal '77; mentre mi accorgevo che i contorni dei vari oggetti che mi circondevano si stavano facendo via via sempre più indefiniti, sino a sprofondarmi nell'oscurità più totale; insomma, mentre trasumanavo e le mie pupille sguazzavano in quel nero, ero perfettamente cosciente. Motivo per cui i miei pensieri furono i seguenti:

"Che figura di m...."

"Finalmente perdi i sensi anche tu, idiota"

"Mmm...forse non dovevo fare la salitona in bicicletta, considerando che non ne inforcavo una da otto anni e che ho pure donato il sangue"

"Ahio mi duole tutto!"

"Chissà se cadrò e mi spaccherò le mascelle sul pavimento"

"Beh, magari è la volta che mi passa il bruxismo"

"Ma prima che voleva quello?"

"*******, ti ho amato tanto"

"Perlomeno non devo laurearmi"

"E nemmeno lavorare"

"Sì, insomma, alla fine mi sta bene così"

"Ma che tristezza, però"

"Cos'é che dovevo prendere per pranz..."

e poi puff.

Notare lo spessore di codesti pensieri. Una profondità tale da far impallidire Leopardi.
Ovviamente, in seguito, ffup, il nero è scomparso, i contorni si sono fatti più ridefiniti, i sensi son tornati (in particolare il gusto) e, checché se ne dica, sono ancora qua a funestare il web con la mia presenza.
Sono quelle coincidenze che rendono la vita degna di essere vissuta: proprio oggi il mitico La Rosa parlava di esperienze pre-morte, che non c'azzecca niente, o quasi, però citava Alice di Lewis Carroll, e gli oggetti, quando hanno i contorni indefiniti, sembrano proprio usciti dal Paese delle Meraviglie. O da un quadro di Van Gogh. O da una experience di Timothy Leary. Una cosa buffa, insomma.
E così, anche il sottoscritto può finalmente fregiarsi dell'onore di far parte della grande famiglia di quelli che, almeno una volta nella proprio grigia esistenza, si sono staccati e sono trascesi e trasumanati. Voi ne fate parte? Cosa ne pensate?


Qualunque cosa ne pensiate, l'importante è che non la imitiate. Potrebbero prendervi per pazzi. O per gente che sogna. In fondo, la differenza è alquanto sottile, non vi sembra?

lunedì 7 giugno 2010

A Fizzonasco non si fanno problemi.



E perchè mai dovrebbero farseli? La vita è una sola, va goduta sino in fondo.
Perchè sprecarla con inutili arrovellamenti e stressanti rodimenti, per quale motivo meditare vendette o compiangersi per mesi e mesi senza ottenere alcun risultato che non sia un ulteriore rodimento?
Razzismo, ipocrisia, livore, astio, odio per il 'diverso' non sono i benvenuti a Fizzonasco.
Sovrappopolazione, guerre, scontri, cialtroneria, corruzione, arrivismo, consumismo, rincari, redditi infimi, precariato, sciatteria, bigottismo, perdita del comune senso del pudore, emarginazione, sporcizia, degrado ambientale e sociale: Fizzonasco, da almeno vent'anni, ha detto no a tutto questo.

A Fizzonasco sono di moda l'allegria, il divertimento; si respira aria pura, fresca, di gioventù, di novità, di voglia di vivere. Per cui anche un semplice Mercatone dell'Arredamento è l'occasione per stringersi e stare insieme, ballando all'insegna della più fanciullesca spensieratezza.

Che sia forse questa, la formula della felicità?
Chissà; di sicuro, a Fizzonasco, il problema non se lo pongono nemmeno.

venerdì 4 giugno 2010

Ahio, che bozza!

Dopo avervi svelato i miei più intimi e smarronevoli segreti (io sì che rispondo alle domande!), torniamo a dedicarci a cose più allegre.
Qualche giorno fa, avrete notato - nella remota evenienza che mi abbiate letto - alcuni subliminali festeggiamenti dedicati al 200esimo post da me scritto e inopinatamente pubblicato. Coloro che, fra di voi, hanno il pallino della matematica (o il quadratino dell'algebra, va bene lo stesso) si saranno accorti che, sommando i numeretti che compaiono nella colonna di destra, non si raggiunge lo sbandierato numero duecento.

Come mai? Il punto è che blogspot ha incluso nella conta anche le bozze. Ovverosia i post iniziati e mai finiti, quindi non pubblicati. Mi sono accorto, così, di averne accumulato un discreto numero. (Per la cronaca, quattordici. Si noti il numero scritto per esteso). Siccome che non tengo di meglio da fare, ve li mostro, sì che la mia messa a nudo sia completa.

No, in realtà è interessante accorgersi di quante cose immaginiamo e poi abbandoniamo per chissà quale motivo, per poi ritrovarle tempo dopo e rivederle sotto un'altra ottica.
[Bello aumentare il n. di righe così]

La prima bozza risale al 19 Giugno di due anni fa ed è vuota. Bianca come la neve, la coca che non si beve, la Guaccero e la Pitzorno. S'intitola (Post senza titolo). Cos'avevo in predicato di scrivere? E in soggetto? Evidentemente niente, visto che è vuota. O magari, quel giorno, il famoso quotidiano di Washington presentava difetti di stampa. Mah. Facendo una breve ricerca, l'unica cosa degna di nota di quel giorno sono un ordinanza del Ministero della Sanità in materia di staminali emopoietiche da cordone ombelicale. Sono emopoietico, io? No, e allora andiamo avanti.
Le bozze due, tre e quattro sono, pensate, "bozze" di tre post poi pubblicati. Quali? Volete la pappa pronta? Io sono per i finali aperti, lo sapete.
Nella bozza cinque riportavo un articolo in cui quelli del PdL parlavano male del film "Shooting Silvio" e io, come sempre contrario alle polemiche, mi limitavo salomonicamente a commentare che il ruolo del protagonista di quel film è uno di quei che avrei volentieri interpretato. Commento squisitamente professionale, nulla di politico.
Nella sesta elencavo i fumettisti di cui conosco le facce e che, quindi, saprei riconoscere al primo sguardo se me li trovassi davanti. Il non aver colto che quell'individuo che passeggiava a braccetto con Alfredo Castelli (per il quale sbavavo) era Silver mi ha tormentato per mesi e mesi.
La settima bozza - per fortuna - dimenticata mi vede impersonare il Biscardone nazionale e prendere una dura posizione contro il Real Madrid degli sprechi a favore dell'eccelsa qualità del calciatore rivale Leo Messi. La qual cosa mi lascia perplesso, in quanto il mio interesse per il calcio è quello che è e, soprattutto, non ho mai stravisto per la 'pulce' argentina. Era il 12 Giugno 2009. Mi preparo per il 13 Giugno prossimo, dato che in questo periodo sembra che io debba dire più idiozie del solito. Sarà il caldo.
La bozza successiva è stata poi pubblicata sotto altra forma, mentre in quella seguente, spinto da malinconia (siamo già nel 2010 e in periodo di depressione) andavo a ripescare vecchi post su vecchi forum abbandonati da tempo immemore solo per ricordarmi quali mestieri avrei voluto fare da grande quando grande non ero ancora. Considerando che oggi che lo sono, grande, non ho ancora la minima idea di come impiegare il tempo in maniera fruttuosa, è stato un bene che la bozza sia rimasta tale.
Arriviamo a doppia cifra, e nella bozza numero dieci, per l'occasione, ecco una bella critica al governo, con tante allusioni e doppi sensi piuttosto espliciti. Il motivo era il tentativo (per fortuna poi fallito... per ora) di censurare internet. Sì, ma adesso censurano la stampa. E che pizza, non puoi rilassarti un attimo che questi ti censurano pure le mutande. Ah, no, quello l'ha appena fatto Tremonti.
Da un argomento di importanza nazionale a un altro: il ritorno di Stargheit..ops, Stargate. Che ora è Universe. E si ispira ai serial di nuova generazione: c'è l'attore famoso (Robert Carlyle), quelli famosi da telefilm, i cattivi buoni, i buoni cattivi, i cliffhanger, i flashback, l'atmosfera claustrofobica, un po' di lesbismo e tanto sesso. Insomma, la solita roba.
Con le due bozze successive faccio lo gnorri, perchè vorrei recuperarle, prima o poi. Due post in più senza fatica e dovrei rinunciarvi? Questo post che sto scrivendo ha già troppe righe, non ne vale la pena.
Anche perchè c'è ancora una bozza da analizzare, ed è quella in cui mi lamento per la morìa dei miei lettori. Ma ormai quegli atteggiamenti non mi appartengono più, pertanto non m'importa niente se nessuno mi legge. E nemmeno se nessuno commenta. No, non m'importa proprio niente. No, no. Che m'importa a me, tanto ci sono io che li leggo. Perché io li leggo, vero? Vero, che li leggo? Eehi, dove scappo? Torno qui, non ho ancora finit...

(Ma il riepigolo sì)

giovedì 3 giugno 2010

I was Lost, too.



Non sarà l'ennesima celebrazione e spiegazione del perchè Lost è bello, innovativo, ecc.ecc.
Sarà la celebrazione e spiegazione del perchè A ME Lost ha cambiato, nel suo piccolo, la vita. Chi legga stia attento: anche se vi ho fatto attenzione, qualche spoiler potrebbe essere sfuggito.

Io sono uno a cui è sempre piaciuto sognare. Inventarsi nuovi mondi, fantasticare, impersonare personaggi. E direte: quando si è bambini si è tutti così. Non è vero, fidatevi. Ma io sono sempre riuscito ad attaccare alle persone che avevo intorno le mie manie (i fumetti, i film fantastico-avventurosi, ecc), o meglio, la voglia di fantasticare. Non del tutto, certo: ognuno ha i propri interessi. Però, per un certo periodo, avevo "nerdizzato" mezza scuola.
Ad un certo punto, però, giunse il tempo di crescere. Gli altri, piano piano, abbandonarono i miei interessi e si dedicarono ai loro (giustamente). Dall'alto mi venne imposto di non occuparmi più di certe frivole questioni, ma di cose 'da ragazzi'. Banalmente: venni obbligato a non leggere più i fumetti Disney e ad interessarmi ad altre cose (calcio, macchine modificate, alcol, figa... fate voi). Attenzione: non sto dicendo che sia sbagliato interessarsi a quelle cose, anzi, ad alcune ero già interessato (indovinate quale), ad altre mi sarei interessato comunque - come poi è accaduto -(calcio), ad altre no (auto) - non si può essere tutti uguali -; il punto è che a me venne imposto. Non so voi, ma io non ho mai sopportato le imposizioni, di qualunque tipo. E infatti continuai a leggere fumetti Disney di nascosto per un annetto e mezzo, salvo poi stufarmi per conto mio (era l'era Muci). Anche perché avevo cominciato con alcuni Bonelli, che mi prendevano di più. Quindi, bastava attendere. Ma non è facile far capire certe cose a certe persone.
Comunque, man mano che passava il tempo mi accorsi che la vecchia compagnia (o almeno, quella che io reputavo tale), la quale aveva deciso di proseguire altre strade, non mi si filava più. Col senno di poi, non aveva tutti i torti: ero abbastanza idiota, all'epoca. Ero un piccolo Nemesis, un piccolo Fumo Nero che rompeva le scatole a tutti con le sue ossessioni bambinesche.
Cominciò così il secondo periodo della mia vita. Ero sempre un piccolo MIB, ma stavolta non volevo commettere lo stesso errore. Sicché, anziché "nerdizzare" gli altri, mi feci "nerdizzare" da loro. Mi appassionai, come detto, al calcio, alle ubriacature (anche se ero astemio), ad altre cose di cui in realtà non m'importava granché, ma non volevo rimanere nuovamente solo.
Ovviamente, quando ero riuscito a ritrovare una vaga serenità, fui obbligato a cambiare compagnia e a ricominciare tutto da capo. A questo periodo risalgono gli insulti razziali; le mie stupide reazioni servite solo a prolungare l'agonia; le mie amicizie con persone che, in condizioni "normali" avrei probabilmente (e forse ingiustamente) detestato, in quanto antitetiche a me; ecc ecc. altre cose poco interessanti. Sta di fatto che, alla fine, con atteggiamenti più equilibrati anche da parte mia, anche quella fase si concluse abbastanza tranquillamente.
Era il 2006, l'anno della maturità (scolastica, non mentale). Con qualche settimana di ritardo, scoprii che il 22 Settembre del 2004 un aereo si era schiantato su un'isola deserta. A bordo, 349 passeggeri, in gran parte morti nell'impatto. Alcuni, però, erano sopravvissuti e si stavano preparando a vivere delle avventure in quel luogo misterioso. Ciascuna di queste persone era lost, era perduta, sola, si lasciava alle spalle una vita da pesce fuor d'acqua, e ora pareva aver trovato il mare in cui sguazzare. Io, che da anni mi sentivo un pesce non solo fuor d'acqua, ma già spinato e pronto per la cottura, non potevo che immedesimarmi con ognuno di quei personaggi.
E pian piano, come Jack, John, Kate, James, Jin, Sun, Sayid e altri ancora, cominciai ad aprire (o a RI-aprire) un po' i miei orizzonti, a conoscere nuove persone, a riscoprire il piacere di condividere interessi comuni (veri, non forzati) con esse. Potei farlo solo tramite internet, purtroppo, ma andava bene lo stesso. Sì,ok, il resto della mia vita andava avanti nella monotonia dell'università, con tante conoscenze e zero amicizie vere, tanta superficialità e zero condivisioni. Ma non importava, perché tanto ogni giorno sapevo che c'erano quegli individui virtuali, pronti a parlare di ciò che più mi interessava (che non era solo il telefilm, sia chiaro, non vorrei che ci prendeste per pazzi; quello era solo un pretesto per "stare insieme" e condividere tante altre cose).
Dato che - per una qualche imperscrutabile regola che muove l'universo - io non posso essere sereno troppo a lungo, anche questo periodo tuttosommato felice cominciò a volgere al termine: Lost iniziava a scontentare tanti - ma non noi pochi -, alcuni mollarono, altri magari no ma non condividerono più. Per farla breve, sennò domani stiamo ancora qui: provai a ricostruirmi un'esistenza per conto mio; per un po' mi sembrava di esserci riuscito; non è stato così, da lì tutti i nefasti ultimi mesi.
Diventare "man of faith" dopo essere stati "man of science" è dura.

Bene. Cosa volevo dire con questo triste e smarronevole excursus sulla mia mesta esistenza?
Beh, ora Lost è finito. E guardando quel finale, mi sono accorto della mia condizione di Fumo Nero, che vuole attaccarsi ad ogni cosa, pur di andarsene e non rimanere più solo. Arrivando a commettere gesti insani pur di ottenere i suoi scopi.
Oggi mi piace pensare che questi ultimi anni trascorsi insieme ai superstiti del volo Oceanic 815, agli Altri, ai boaties, siano stati, proprio come accaduto a loro, il mio limbo fra la vita scialba vissuta prima del crash e quella nuova che attende oltre la luce di essere goduta appieno, in serenità.
Per questo motivo ho deciso di cambiare atteggiamento, di seguire il consiglio di Jacob ("è solo una riga di gesso su una parete", ossia, "ma che problemi ti fai?") e, soprattutto, di un altro personaggio che non cito in quanto mi dichiaro nemico degli spoiler stile Tgcom e TvTalk. Da oggi (da due giorni fa), ogni volta che mi sembrerà di stare per commettere i soliti errori, ripenserò a quelle parole: "fattene una ragione, e vai avanti".
Ci riuscirò? Mah. Come ho detto, mi piace sognare. Fatevene una ragione, e andate avanti pure voi.
Ecco perchè Lost mi ha cambiato, nel suo piccolo, la vita e perchè ne farà sempre parte. Non perchè in queste sei stagioni ho riso, ho pianto, mi sono impaurito, incazzato, intristito, esaltato, scervellato su mille teorie, realistiche o assurde che fossero (in una parola: divertito). Ma perchè anch'io, come Jack, John, Kate, James e gli altri ero, inconsapevolmente, Lost.


E ora un commentino serio. Durante gli ultimi minuti di Lost ho pianto. Dopo mi sono fatto una grossa risata (chi ha seguito può capire perché).
Ora impugno la mia penna verde con scritto "I'm Lost", e chissà che accadrà.


Avevo promesso che non l'avrei fatto, ma non resisto. Ecco perché Lost è bello: