domenica 26 aprile 2009

I giardini pubblici sono tetri anche quando c'è il sole.

I giardini pubblici, comunali o privati che siano, sono notoriamente luoghi tetri. Anche quando c'è il sole. (e così il titolo del post è giustificato)

Ai miei tempi, quando era tutta campagna, le sole categorie di persone capaci di frequentare i polmoni verdi delle città erano quella dei bambini e quella delle mamme accompagnatrici. I primi correvano lieti e spensierati, le seconde urlavano di non correre e di non raccogliere le siringhe (chissà come, c'erano sempre delle siringhe per terra: evidentemente v'era una terza, nottambula, categoria di visitatori: quella degli analisti chimici).

Il mondo degradato di oggi, invece, ha aperto i confini di questi luoghi un tempo magici praticamente a tutti. Qualsiasi personaggio, dal più balzano al più bizzarro, dal più buzzurro al più buzzicone (ho finito gli aggettivi con radice in "bzz"), ha la facoltà di andare "al parco", come in gergo viene chiamato tale luogo.
Anch'io ho la facoltà: per l'esattezza l'ho proprio dall'altro lato della strada su cui s'affaccia il G.P. (Giardino Pubblico/Privato) in questione, sicchè giorni fa mi sono trovato a dovermi recare in uno di questi "parchi".

Che siano parchi non v'è dubbio: gli alberi ci sono, l'erba pure e l'immancabile laghetto anche. Che siano morigerati, qualche perplessità in effetti c'è. Basti osservare chi, come me, frequentava in quel momento il giardino.
Zero bambini. Nessun pestifero moccioso giocava e si rallegrava pei prati.
Un corridore. L'unico (in quel giorno), il classico, indispensabile corridore-fai-da-te con la lingua di fuori, più impegnato a mostrarsi alle donzelle che a rimanere cosciente.
Due gay. Ma non due gay "normali", liberi, ma due gay amanti, in cui almeno uno dei due, al momento dell'effusione, stava tradendo almeno un partner (magari pure donna). Sempre che scattarsi fotografie possa dirsi "effusione".
Tre ruba-panchine. Categoria di individui che trascorre la maggior parte della propria esistenza a rubare panchine già prenotate da altri individui sopraggiungenti. Da mazzulare per bene.
Quattro uccellini, che poi diventano cinque, sei, sette fino alle migliaia, se solo s'accorgono che avete una briciola in mano. E io che ricordavo che i passerotti fossero timidi e poco amanti della buona cucina.
Cinque persone sole. Si riconoscono subito per il modo in cui fingono di leggere (il libro spesso è al contrario) o di parlare al cellulare (spento).
Sei clochard, che dormono sopitamente e rigorosamente sdraiati (mediamente occupano una panchina, ma c'è anche chi, stiracchiandosi un po', arriva a coprirne due).
Sette coppiette: lui e lei oggi non si limitano ad abbracciarsi, ma si prodigano nelle più evolute contorsioni, cose da far impallidire il Circ du Soleil.
Otto impiegati in pausa-pranzo. Un semplice "tlac" e l'aroma dell'insalatina (o il panino, o gli spaghetti) prorompe dalla confezione in plastica indegradabile. Tali effluvi sono sconsigliati a chi non ha ancora pranzato.
Nove che dicono che "fra poco piove". Oltre a fare rima, c'è sempre qualcuno che ripete continuamente tale mantra, con il solo scopo di innervosire il/la proprio/a partner e i vicini di panchina.
Dieci studenti universitari, intenti a studiare - non si sa bene con quale concentrazione - per l'esame imminente. Solitamente si presentano in coppia: uno dei due studia seriamente, l'altro finge ed è lì per impedire al primo di studiare (magari ripetendo che di lì a poco pioverà).

Et coetera. Il punto è che i parchi e, soprattutto, chi li frequenta, sono il male della società. Chi va al parco vuol dire che non lavora, non studia, non produce ricchezza. E nemmeno si diverte (i bambini disertano).
Per questo i parchi sono tristi, per questo sono luoghi tetri. Anche quando c'è il sole. E poi fra poco pioverà.

1 commento:

Serlon ha detto...

E dillo che adesso sei diventato anche te un analista chimico. Ormai è evidente...