domenica 28 giugno 2009

Il Male si nasconde dove meno te l'aspetti. Anche dietro una maschera.











John McTiernan lo sa.
Per fare un film universale ci vuole innanzitutto una storia universale, che tocchi temi universali.
Predator, per nostra e sua fortuna, è una storia universale.

I detrattori considerano Predator un film d'azione, neppure troppo originale (seppure l'alieno abbia avuto grande fortuna e abbia trasceso il medium, ma i detrattori sono troppo occupati a pararsi gli occhi per accorgersene). Sì, non lo nega nessuno, che Predator sia un ottimo film d'azione. Ma, aggiungiamo, Predator non è solo questo: è molto di più.

Predator è l'abbacinante follia della mente umana, è la discesa negli inferi dell'odio e della menzogna, è uno straziante grido contro il più becero razzismo, è il racconto dell'amicizia più vera. Predator è la Vita che si proietta sullo schermo, pronta a farsi nostra e a liberarci dalla schiavitù della materia.
Predator non è un pippone moralistico, elargisce un solo consiglio - ma che consiglio! -: non pensate solo a voi stessi, unitevi agli altri, fluite nell'incommensurabilità dell'Uno e, insieme, combattete il Male.

Lo sanno bene i protagonisti del film. 8 uomini, partiti con una missione, combattere una delle incarnazioni del Male sulla Terra (i guerriglieri antigovernativi che - non manca neppure un allaccio alla realtà quotidiana - imperversano nel centro-America), si ritrovano a dover appianare le loro divergenze e ad unire le proprie forze nella lotta contro un nemico più grande di loro, più grande di tutti noi. E' il Male. Non una delle sue reincarnazioni, ma il Male in persona (o quasi).

Dal punto di vista puramente tecnico, qui sta una delle due grandi innovazioni della pellicola: 8 uomini, 1 donna, il Predator. 10 soli attori, impegnati in 107 minuti di emozioni. Ma McTiernan sapeva a cosa sarebbe andato incontro, e ha rischiato. Qui sta la differenza fra i Grandi e i piccoli. E i 10 lo ripagano, fornendo prestazioni superlative ad ogni sequenza, in particolare in quelle delle loro strazianti morti, in cui è palese la sofferenza del guerriero intrappolato dal nemico sconosciuto. Non si può fare a meno di soffrire con questi ragazzi.
L'altra innovazione, se vogliamo, evidenzia ancora di più la particolarità di questo leggendario film: i dialoghi sono ridotti al minimo, non una parola è di troppo, ogni frase è studiata al minimo dettaglio di modo da orientare lo spettatore (che avrà capito di trovarsi di fronte a qualcosa di mai visto prima) e non annoiare. Ogni parola, verbo o sintagma, contiene in sè lo specimen del personaggio che lo pronunzia. Così, quando Mac fa sapere che «Gli ho sparato dritto addosso 20 caricatori dell'M60, li ho vuotati. Niente di questa Terra sarebbe sopravvissuto», cogliamo immediatamente la vacuità intellettuale, l'ingenuità e la fifa blu di questo ragazzo; oppure, al sentenziare di Dutch (un maestoso Arnold Schwarzenegger): «Se può essere ferito, può essere ucciso» subito veniamo tranquillizzati, e siamo in grado di proseguire l'esplorazione di questo affascinante universo che McTiernan ha creato solo per noi.


La Vita e la Morte si compenetrano, il Bene e il Male sono insiti in ognuno di noi. Anche questo è contemplato nel grande gioco della vita: la figura di Dillon, in questo senso, è emblematica. «Noi non siamo pedine sacrificabili. Ma che t'è successo?» chiede perplesso Arnold/Dutch all'ex-amico; «Io mi sono svegliato. Svegliati anche tu.». E' questo che ci chiede McTiernan.


Si potrebbe andare avanti per ore. A noi non interessa incensire ulteriormente un'opera che non ha bisogno di essere incensata; ci limitiamo ad un ultimo caso, che ben esemplifica quanto detto sinora.
Al termine del film, Dutch è rimasto solo. In una memorabile sequenza mozzafiato, combatte e ferisce il Predator. Ma lo risparmia. Il Bene trionfa sul Male, non solo fisicamente, ma anche moralmente.
Ma l'alieno, con un sorriso ghignante di ferocia, ha un ultimo guizzo e prova ad uccidere Dutch, che si salva a stento, rimanendo solo nella foresta. E' la prova che il Male non è mai realmente sconfitto, e che dobbiamo sempre farci trovare pronti.

E questo John McTiernan lo sa.
Grazie a lui, ora lo sappiamo anche noi.

1 commento:

Stefano Ramagnano ha detto...

NIENTE DI PIU VERO,MA BISOGNA VOLER GUARDARE.