venerdì 18 giugno 2010

Il bello del calcio.



A parte le stravaganze del Commissario Tecnico della nazionale argentina, la prima settimana del Mondiale sudafricano - caratterizzata da un'estrema noia - ha fornito un solo valido elemento per il quale è valsa la pena stare incollati davanti al televisore: Beppe Dossena.

Sì, perché questo ex-calciatore, ex-allenatore, ex-tante altre cose è una delle rare persone, oggigiorno, capaci di sapersi guadagnare stima e apprezzamento a priori.
Beppe Dossena conosce la materia di cui disquisisce: recita a menadito vita, morte e miracoli di ogni calciatore che solca i campi che è chiamato ad osservare, e anche di quelli che li hanno solcati in passato e che li solcheranno in futuro; mette in continuity le partite più disparate, con una fitta rete di rimandi incrociati che solo i cultori più appassionati riescono a seguire; sa distinguere, basandosi sul più puro e semplice intuito, se un calciatore ha subito realmente un fallo (in tal caso, effettua immediatamente una diagnosi approfondita) o se sta semplicemente rotolandosi a terra (e allora, con dolce fermezza, lo bacchetterà); in caso di fuorigioco dubbio, non tenta di ricostruire goffamente lo svolgersi dei fatti come un Pistocchi qualsiasi, ma si limita prosaicamente ad affidarsi al replay e solo dopo proclama, sommesso, quasi si trattasse di una boutade, la propria sentenza (e se sbaglia, chiede subitamente scusa, non solo all'arbitro, ma anche al giocatore coinvolto, al telecronista che lo affianca e ai telespettatori tutti).
Beppe Dossena, vero e proprio globetrotter, è un profondo conoscitore delle culture altrui. Pertanto, non si ferma mai alle apparenze e rispetta tutti, a prescindere. Sicché, se si trova a dover commentare una partita nella quale è impegnata la nazionale nord-coreana - tutti conosciamo la controversa situazione politica di quella regione - il Dossena, se da un lato esalta le qualità patriottiche dei vari giocatori, a volte ripetendosi, ma è per ribadire il concetto e provare (anche se sa che è impresa vana) ad inculcarlo nei suoi compatrioti stravaccati sul divano; dall'altro lato non si schiera apertamente e non dà mai valutazioni politiche, convinto che solo la diplomazia possa unire i cittadini del mondo in quell'abbraccio fraterno di cui hanno tanto bisogno.
È fatto così, Beppe Dossena. Prova a fare il superficiale, il simpaticone dalla parlata meneghina, ma non riesce a nascondere la sua infinita bontà. Inflessibile nei giudizi, pronto a rimproverare severamente chi sbaglia e, perché no, anche duro con gli imbroglioni, il suo cuore é però sempre aperto a tutti. Le sue ormai classiche battute possiedono la magia degli antichi motti, capaci di sciogliere le tensioni più vivide in calorose e pacificatorie risate.
Beppe Dossena, con la sua fronte larga tipica delle menti fervidi, prende la vita per quello che viene, godendosi ciò che ha e desiderando, ma non sgomitando per averlo, quello che ritiene gli manchi. Beppe Dossena ride, scherza, sa che il divertimento interiore viene prima di ogni altra cosa: per lui l'importante non è vincere, ma partecipare.
Ama il bel calcio, ma non è un esteta. Apprezza le astuzie tattiche e le giocate intelligenti, ma aborre il difensivismo sfrenato. È un adepto del calcio totale, ma non proprio totale, ecco: Beppe Dossena invita alla moderazione, nel calcio come in altre attività. È una moderazione apolitica e non religiosa, si badi bene. Per Beppe Dossena religione e politica sono termini con un significato ben preciso, che intende superare, trascendere. La sua moderazione stessa è una moderazione che prevede un forte attacco, ma solo se necessario alla propria difesa o allo spettacolo degli spettatori paganti. Non sempre, per costruire un'azione, deve valere il Rasoio di Occam. Ma a volte sì. È la debolezza e al tempo stesso la forza di Beppe Dossena, questo suo voler accontentare tutti. Sa bene che non può riuscirci, e ne soffre. Fosse per lui, vincerebbero tutti; solo che non si può, perché ci sono delle regole; e le regole, ci insegna, vanno rispettate.

Se Marino Bartoletti incarna il cinismo e la sagacia dell'uomo moderno e Gian Piero Gasperini il genitore apprensivo che teme soprattutto per la salute dei propri cari (e degli altri poco se ne cale), Beppe Dossena rappresenta, all'interno della Trinità Rai, lo "Spirito Santo", l'ideale a cui Padre-Gasperini e Figlio smarrito-Bartoletti tendono, o, meglio, dovrebbero tendere.
Ma, come si sa, a furia di tendere troppo il filo si spezza. E allora, forse, è meglio così: di Beppe Dossena ce n'é uno solo. Se fossimo tutti come lui, al mondo non ci sarebbero più conflitti, né incomprensioni. E alla lunga, forse, ci annoieremmo.
Moderazione ci vuole, moderazione. Diamogli retta, a Beppe Dossena.

2 commenti:

luttazzi4ever ha detto...

Meglio di Bagni ci è. Ma anche mia nonna è meglio di Bagni. Anche uno zombie è meglio di Bagni. Fa quasi venire voglia di non lavarsi più.

Non picchiarmi per sta battuttona idiota.

MaxBrody ha detto...

Non ti picchio solo perché l'avevo pensata anch'io :D ... :|